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“L’educazione alimentare parte dalla scuola”: il professor Giorgio Calabrese sostiene la cultura della salute

Il medico nutrizionista Giorgio Calabrese sostiene con Longaevitas l’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole e negli enti di istruzione e formazione italiani: “La salute non è un concetto astratto, ma qualcosa che si costruisce ogni giorno, a partire da ciò che mangiamo”.
A cura di Valeria Aiello
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Il profeessor Giorgio Calabrese, medico nutrizionista e Direttore del Comitato Scientifico di Longaevitas
Il profeessor Giorgio Calabrese, medico nutrizionista e Direttore del Comitato Scientifico di Longaevitas

La cultura di scelte alimentari corrette e stili di vita sani dovrebbe iniziare dalla scuola, perché l’educazione è la vera prevenzione.Non può essere demandata solo alle famiglie, serve un impegno diffuso che promuova i comportamenti alimentari consapevoli e abitudini che ci mantengano in salute” spiega a Fanpage.it il professor Giorgio Calabrese, docente universitario di alimentazione e nutrizione umana e Direttore del comitato scientifico di Longaevitas con cui sostiene l’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole e negli enti di istruzione e formazione italiani.

Perché è così importante partire dalle scuole?
Come primo ambiente, dopo la famiglia, la scuola è il luogo dove i bambini apprendono non solo le lezioni, ma anche i comportamenti. Insegnare loro fin da piccoli ad avere un rapporto equilibrato con il cibo, che metta al centro la salute rispettando l’ambiente, vuol dire portare questi concetti lì dove si costruisce il futuro, affinché diventino parte della nostra normalità e non l’eccezione.

L’educazione alimentare è un concetto di crescita, non solo fisica ma anche culturale e sociale: conoscere il cibo, capire cosa fa bene e cosa fa male al nostro organismo, significa sviluppare una consapevolezza che ci accompagna in ogni scelta quotidiana.  È così che si costruisce una vera cultura della salute, capace di prevenire invece che curare.

Intende il saper stare a tavola?
Assolutamente sì, come momento di condivisione ma anche di nutrizione. È importante sapere cosa mangiare e in quali quantità, soprattutto in un contesto come quello italiano, dove ancora spesso troviamo la “nonna troppo buona”, che riempie il piatto del nipotino tre volte, pensando che mangiare tanto sia sempre un bene.

Oggi sappiamo che l’eccesso è dannoso quanto la carenza, per cui l’educazione alimentare serve a riconoscere i reali bisogni nutrizionali, evitando abitudini che, seppur affettuose, hanno impatti negativi sulla salute.

La tavola deve essere armonica, energetica e gustosa, ricca cibi freschi e di stagione, ma soprattutto deve garantire quantità adeguate ai nostri bisogni, senza eccessi che possono farci accumulare grassi e poi problemi di salute, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche, disabilità e morti premature. Proprio in Italia, abbiamo uno dei tassi di obesità nei bambini più alti del mondo: questo ci dovrebbe far riflettere, visto che siano i padri della Dieta Mediterranea, che oggi è seguita appena dal 5% degli italiani. Investire in educazione e prevenzione è l’unico modo per invertire questa tendenza.

C’è però anche il problema delle mense scolastiche?
Si tratta di un nodo cruciale, perché le mense scolastiche dovrebbero essere un modello di educazione alimentare, ma troppo spesso le scuole hanno budget limitati, che portano a risparmiare sulla qualità degli alimenti, con pasti che non rispondono a criteri nutrizionali. Oppure a chiedere un contributo alle famiglie, che chi non può permetterselo vede i propri figli esclusi, costretti a mangiare un panino in un’altra stanza.

Una situazione inaccettabile, che penalizza proprio i più piccoli, che si ritrovano a consumare pasti squilibrati, quando la scuola dovrebbe invece garantire anche la cultura alimentare.

Come si inserisce l’iniziativa di Longaevitas in questo contesto?
Con Longaevitas e il presidente Salvo Latino stiamo promuovendo una raccolta firme per riconoscere il diritto a un’alimentazione sana ed equilibrata nelle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari a medie e superiori, ma anche negli enti di istruzione e formazione di Forze armate, Forze di Polizia e pubblico soccorso.

L’obiettivo è quello di inserire l’insegnamento di educazione alimentare, ambientale e stili di vita sani come materia trasversale, non solo teorica ma anche pratica, attraverso una legge che permetta di finanziare da un lato con corsi specifici, coinvolgenti e supportati da personale qualificato, e dall’altro di garantire mense coerenti con quanto insegnato, che offrano pasti di sani e bilanciati.

Con benefici anche in termini riduzione dei costi sanitari che incidono per quasi 67 miliardi sul Sistema sanitario nazionale – fa notare il dottor Latino, parlando dell’impatto di scelte alimentari e stili di vita non corretti sulla spesa pubblica – . Sappiamo però che malattie come diabete di tipo 2, obesità, ipertensione e patologie cardiovascolari sono prevenibili per l’80%, per cui investire in educazione alimentare e pasti sani a scuola significherebbe risparmiare circa 56 miliardi l’anno in termini di cure, ospedalizzazioni e farmaci, senza considerare il beneficio che una popolazione più sana ha sulla produttività del nostro Paese”.

Come vi state muovendo?
Con Longaevitas abbiamo già elaborato un corso di formazione gratuita a distanza di tre moduli – Educazione alimentare, Sostenibilità ambientale e Stili di vita sani – per consentire di trasferire in modo più concreto questo messaggio. Abbiamo già oltre mille iscritti, che sostengono attivamente la nostra iniziativa. La raccolta firme si può sottoscrivere anche online, sul sito del Ministero di Giustizia, ed è ormai entrata nel vivo, superando le 7mila firme, e siamo fiduciosi di raggiungere il quorum delle 50mila entro il 28 novembre per presentare la proposta di legge in Parlamento.

Professor Calabrese, le piacerebbe essere uno degli insegnanti?
Certamente, lo farei con entusiasmo, anche perché è qualcosa che ho sempre fatto e continuo a fare come docente universitario, insegnando ai cardiologi specializzandi all’Università del Piemonte orientale. L’educazione alla salute non deve essere qualcosa che resta in un libro, ma diventare parte attiva della quotidianità di bambini, ragazzi e giovani adulti, fino a coinvolgere anche le famiglie.

Cosa direbbe ai più piccoli?
Ai bambini direi che per crescere bene e diventare il nostro futuro devono essere sani e in salute, e questo passa da ciò che mangiamo ogni giorno e dall’esercizio fisico.

Bisogna insegnare che la salute non è un concetto astratto, di cui ci si ricorda solo quando manca, ma qualcosa che si costruisce ogni giorno, con scelte consapevoli, dal piatto all’attività motoria, dal dormire bene al ridurre gli eccessi. Se si impara questo fin da piccoli, avremo bambini che crescono in modo sano, adulti più consapevoli e una società che investe davvero nella prevenzione.

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