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La verità sul disastro della Marmolada: uno studio svela le cause tre anni dopo

A tre anni di distanza dal disastro della Marmolada, uno studio internazionali che ha coinvolto anche diverse università italiane, ha stabilito quali furono i fattori che insieme causarono la devastante valanga glaciale.
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Il 3 luglio 2022, alle ore 13:43, una massa di oltre 70.000 metri cubi di ghiaccio a oltre 3.200 metri di quota si staccava dal versante settentrionale della Marmolada, il gruppo montuoso più alto di tutte le Dolomiti. Nella discesa, l'enorme valanga glaciale travolse diversi alpinisti che si trovavano lungo la via di salita a Punta Penìa. Undici di loro persero la vita.

Oggi, a tre anni da quella che è stata di fatto la prima valanga glaciale avvenuta in Italia, uno studio internazionale ha ricostruito la dinamica del disastro, individuando i fattori che determinarono il distacco di quella enorme sezione di ghiaccio. Allo studio, appena pubblicato, hanno partecipato anche l’Università di Parma, l'Università di Padova, l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGV), l'Università di Trieste, l'Università di Zurigo, l'Arpa Veneto e l'Università di Stellenbosch.

Cosa ha fatto staccare il blocco di ghiaccio

"Il nostro lavoro dimostra che la Marmolada non è crollata per un singolo fattore scatenante, ma per una combinazione di condizioni critiche che si sono sommate in modo sinergico", spiega il professore Roberto Valentino, docente di Geotecnica dell’Università di Parma e secondo autore dello studio. L'obiettivo era "comprendere se e come l’instabilità del ghiacciaio potesse essere prevedibile", ha aggiunto Roberto Francese, primo autore dello studio, docente di Geofisica all’Università di Parma.

Per prima cosa, lo studio ha verificato che il distacco è avvenuto poco sotto la Punta Rocca, a 3.309 metri, dove il ghiacciaio era già particolarmente frammentato.

Partiamo con il chiarire che a farlo staccare non è stato un terremoto – non è stata rilevata alcuna attività sismica in concomitanza della valanga – ma un insieme di fattori. Tra questi, oggi lo possiamo dire con prove scientifiche alla mano, c’è anche la crisi climatica.

Fattori accumulati per mesi e anni

Secondo la ricostruzione dei ricercatori, le temperature record della primavera/estate 2022 hanno causato un’accelerazione nella fusione di neve e ghiaccio. Inoltre, ha avuto un ruolo determinante la grande quantità di acqua di fusione intrappolata nei crepacci, che ha generato pressioni idrauliche elevate. Anche il permafrost degradato, lo strato congelato di ghiaccio e terreno, ha ridotto la coesione tra ghiaccio e substrato. A questi fattori si aggiunge una geometria sfavorevole del letto roccioso.

Tutte queste condizioni hanno fatto sì che il ghiacciaio si trovasse in un equilibrio precario: "La temperatura interna era elevata, la base instabile e l’acqua in pressione nei crepacci e alla base esercitava una spinta", ha spiegato Aldino Bondesan, geografo dell’Università di Padova. Anche se il disastro si è consumato in una manciata di secondi, "le sue premesse si sono costruite nei mesi e negli anni precedenti".

"Eventi simili sempre più frequenti"

Non si tratta di fattori accidentali, verificatisi casualmente, ma il risultato di fenomeni legati al cambiamento climatico, come la ritirata dei ghiacciai e la degradazione del permafrost. Eventi simili, sebbene per ora fortunatamente meno drammatici, stanno diventando sempre più frequenti nelle Alpi e nelle regioni andine, e per questo motivo – affermano i ricercatori – richiedono un monitoraggio continuo e strategie efficaci di prevenzione del rischio.

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