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La cura definitiva per l’HIV è più vicina: la svolta arriva dalla tecnologia dei vaccini Covid

Un nuovo approccio basato sulla tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA) utilizzata per i vaccini contro il Covid ha dimostrato di poter rendere visibile il virus nelle cellule del sistema immunitario che lo integrano nel loro DNA: testato su cellule donate da pazienti con HIV, la strategia apre prospettive concrete per una cura definitiva.
A cura di Valeria Aiello
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La cura definitiva per l’HIV sembra essere più vicina grazie a un innovativo approccio basato sulla tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA) utilizzata per i vaccini contro il Covid: la strategia ha permesso di rendere visibile il virus nelle cellule del sistema immunitario che lo integrano nel loro DNA, le cosiddette cellule T CD4 + quiescenti, che rimangono in uno stato di latenza ma si riattivano in risposta a specifici stimoli.

La persistenza del virus dell’HIV in queste cellule ha finora rappresentato il principale ostacolo alla cura dell’infezione che, anche quando controllata attraverso i farmaci antiretrovirali, non è eradicata, proprio per la presenza di queste cellule immunitarie che possono tornare attive quando il trattamento viene interrotto. Riuscendo però a indurre queste cellule a rivelare la presenza del virus, i ricercatori sono riusciti a trovare un modo per identificare selettivamente questi serbatoi latenti dell’HIV. I risultati dei primi test di laboratorio che dimostrano il successo di questo metodo sono stati pubblicati in un nuovo studio su Nature Communications.

Svolta nella ricerca di una cura per l’HIV

L’approccio che ha aperto una prospettiva concreta allo sviluppo della prima cura per l’HIV si basa sulla tecnologia dell’mRNA e, in particolare, sull’ottimizzazione di un particolare tipo di nano-particella lipidica che veicola l’mRNA capace di smascherare il virus all’interno delle cellule del sistema immunitario: queste nano-particelle lipidiche, denominate LNP X dai ricercatori dell’Università di Melbourne che le hanno sviluppate, hanno dimostrato di trasportare efficacemente l’mRNA all’interno di questo tipo cellulare.

Pensavamo fosse impossibile” ha affermato la dottoressa Paula Cevaal, ricercatrice presso il Doherty Institute di Melbourne e co-prima autrice dello studio, sottolineando come queste cellule immunitarie fossero particolarmente difficili da raggiungere perché non assorbono le normali nanoparticelle lipidiche finora utilizzate per il trasporto dell’mRNA nelle cellule.

A questo importante risultato, i ricercatori hanno quindi abbinato un RNA messaggero che codifica per la proteina Tat dell’HIV, un attivatore della trascrizione del virus che, con la sua azione, consente di invertire la latenza del virus e pertanto di identificare le cellule immunitarie in cui si nasconde l’HIV.

Testato su cellule donate da pazienti con HIV, la strategia ha mostrato il potenziale per lo sviluppo di una terapia che vada a colpire selettivamente queste cellule infette, eliminandole dall’organismo. Il percorso che porterà ai primi test sugli animali e sull’uomo richiederà ancora del tempo ma l’approccio rappresenta un passo in avanti sostanziale rispetto ad altre strategie che puntano a smascherare le cellule infette.

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