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La crema solare che usiamo in estate finisce nella neve dell’Artico: trovate tracce sui ghiacciai

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani ha dimostrato che i composti chimici presenti nelle creme solari usate in Asia ed Europa finiscono nella neve artica. A causa dello scioglimento dei ghiacci questi contaminanti rischiano di avere un effetto catastrofico sui delicati ecosistemi locali.
A cura di Andrea Centini
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I composti chimici presenti nelle creme solari e in altri prodotti per la cura personale sono stati trovati nella neve depositata sui ghiacciai dell'Artico. È l'ennesima prova di quanto è pervasivo e ubiquitario l'inquinamento prodotto dall'essere umano, che non ha praticamente confini. Le sostanze contenute nelle creme solari, inoltre, sono considerate talmente dannose per l'ambiente che le Hawaii hanno approntato un disegno di legge per bandire quelle contenenti due sostanze specifiche (ossibenzone e octinossato). Decisione analoga è stata presa dalla Repubblica di Palau, che dal 2020 ha vietato l'utilizzo delle creme solari tradizionali contenenti una decina di composti diversi. È stato infatti dimostrato che queste sostanze sono in grado di uccidere le barriere coralline (favoriscono lo sbiancamento dei coralli e alternano il DNA), oltre ad avere altri effetti negativi sugli organismi acquatici interferendo col sistema endocrino e gli ormoni.

Il problema principale di aver identificato questi contaminanti sui ghiacciai artici risiede nel fatto che presto finiranno nell'ambiente naturale, col rischio che possano alterare i delicatissimi equilibri ecologici locali. Questo processo è legato allo scioglimento del ghiaccio catalizzato dal riscaldamento globale, anch'esso di origine antropica, essendo intimamente connesso alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti derivati dalle attività umane, volano della crisi climatica in corso. A scoprire le tracce delle creme solari e di altri prodotti della cura personale nell'Artico è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani dell'Università Ca' Foscari di Venezia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti: fra essi la Facoltà di Chimica, Biotecnologia e Scienze Alimentari (KBM) dell'Università norvegese di Scienze della Vita (NMBU); l'Istituto di Scienze Polari – Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISP-CNR); l'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima – Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR); il Centro Universitario delle Svalbard (UNIS) e altri.

I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Marianna D’Amico dell'ateneo veneto, hanno rilevato le sostanze inquinanti durante una missione di campionamento – tra aprile e maggio 2021 – condotta su cinque ghiacciai nella penisola di Brøggerhalvøya, facente parte delle Isole Svalbard. Si tratta di un arcipelago appartenente alla Norvegia sito nel cuore del Mar Glaciale Artico, a circa 1.300 chilometri di distanza dal Polo Nord. È uno dei luoghi migliori al mondo per vedere le meravigliose aurore polari. I siti di campionamento sono stati scelti sia in zone remote che a ridosso dei centri abitati, per ottenere una panoramica più esaustiva della distribuzione dei contaminanti. Come indicato, dalle analisi di laboratorio sono emerse diverse sostanze normalmente presenti nelle creme solari e in altri prodotti per la cura del corpo, come filtri UV e fragranze.

“Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, ha dichiarato un un comunicato stampa la dottoressa D’Amico, prima autrice dello studio e dottoranda in Scienze polari presso l'ateneo di Venezia. Ma come sono arrivate al Polo Nord queste sostanze? A spiegarlo il coautore dello studio Marco Vecchiato: “I risultati – sottolinea il chimico – evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”. “Infatti – prosegue l'esperto – le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico”. In parole semplici, i composti presenti nelle creme solari e in altri prodotti vengono trasferiti nell'alta atmosfera dal vento e qui iniziano un lungo viaggio, che nel giro di mesi li porterà a depositarsi anche nelle aree più remote della Terra, come appunto i poli.

L'ateneo veneziano evidenzia che la maggior parte dei composti si trova in concentrazioni maggiori alle quote più basse, tranne due: l'Octocrilene e il Benzofenone-3. Si tratta di due filtri UV ampiamente utilizzati nelle creme solari “che al contrario sono più abbondanti sulla cima dei ghiacciai, dove arrivano dalle basse latitudini trasportati dalla circolazione atmosferica”. Il rischio, come indicato, è che a causa della crisi climatica questa pioggia di sostanze tossiche possa raggiungere i delicati ecosistemi locali e provocare danni devastanti. I dettagli della ricerca “Chemicals of Emerging Arctic Concern in north-western Spitsbergen snow: Distribution and sources” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Science of The Total Environment.

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