In Amazzonia cresce l’oro illegale: cosa sta succedendo nella foresta più grande del mondo

In Amazzonia, l’estrazione illegale di oro sta crescendo a ritmi allarmanti, spinta dall’impennata del prezzo dell’oro e dalla debolezza dei sistemi di controllo che facilitano i profitti della criminalità organizzata. Intere aree della foresta pluviale sono state distrutte da miniere clandestine, con conseguenze devastanti per l’ambiente e le comunità indigene. Tra le zone maggiormente colpite c’è l’Amazzonia peruviana, dove l’espansione dell’attività illecita ha distrutto quasi 140.000 ettari di foresta, un’area grande quasi quanto la città di Roma.
La corsa all’oro sta avvelenando anche i fiumi, con una crescita esponenziale dell’estrazione dell’oro alluvionale con draghe minerarie, mezzi galleggianti che usano mercurio tossico per estrarre l’oro dal letto dei bacini idrici, contaminando acqua, fauna e catene alimentari.

Mercurio e deforestazione: doppia minaccia per l’Amazzonia
L’estrazione illecita di oro in Amazzonia sta avendo profonde conseguenze ambientali, per l’uso intensivo di mercurio insieme alla crescente deforestazione. Le attività minerarie illegali contaminano fiumi e suoli, e stanno distruggendo vaste aree di foresta, soprattutto nella regione di Madre de Dios, nel Perù meridionale, ma anche in quelle di Huánuco e Puno, dove la pressione dell’attività mineraria è in rapida crescita.

Secondo i dati di un nuovo rapporto del MAAP, il Programma di monitoraggio delle Ande e dell’Amazzonia, la regione di Madre de Dios mostra “la più alta deforestazione tra tutte le regioni del Perù” con 135.939 ettari di foresta perduti a metà del 2025, pari al 97,5% del totale nazionale. Come mostrato dalle immagini satellitari, questa deforestazione mineraria si è estesa alle comunità indigene e alle zone cuscinetto delle aree protette, come la Riserva Nazionale di Tambopata e la Riserva Comunale di Amarakaeri.

Nella regione di Huánuco, la deforestazione mineraria interessa 1.262 ettari, mentre nella regione di Puno ha toccato quota 1.014 ettari, colpendo soprattutto nei pressi fiumi Inambari e Huari Huari, che circondano la zona cuscinetto del Parco Nazionale Bahuaja Sonene.

Il rapporto del MAAP segnala inoltre l’espansione dell’estrazione dell’oro alluvionale in diversi fiumi dell’Amazzonia peruviana, in particolare nelle regioni settentrionali di Loreto e Amazonas. “Dal 2017, abbiamo individuato 989 draghe minerarie nella regione di Loreto, di cui 841 nel fiume Nanay e 275 comparse nei primi mesi del 2025 – si legge nel rapporto – Questa attività mineraria si estende alle comunità indigene e all'area di conservazione regionale di Alto Nanay – Pintuyacu – Chambira”.

Un recente studio condotto sulle comunità della regione di Loreto ha riscontrato un’esposizione diffusa al mercurio negli abitanti dei villaggi rivieraschi, rilevando come quasi l’80% delle persone presenti livelli di mercurio quasi quattro volte superiori alla soglia di sicurezza di 2,2 milligrammi per chilogrammo (mg/kg) fissata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. “Il mercurio è ormai nei nostri corpi. Dovremo conviverci se lo Stato peruviano non interviene” ha affermato Jhonny Huaymacari Yuyarima, rappresentante del popolo indigeno Ikito e di un’alleanza di 33 comunità del bacino del fiume Nanay.
L’espansione incontrollata dell’oro illegale in Amazzonia
“L'estrazione dell'oro in Perù rappresenta una delle maggiori sfide socio-ambientali del Paese, con conseguenze sulle foreste amazzoniche, sui fiumi e sulle comunità locali” evidenzia il rapporto del MAAP, che chiede di minimizzare questi impatti attraverso cinque azioni politiche. La prima riguarda l’implementazione di un sistema efficace di tracciabilità dell’oro, che colleghi produzione, commercializzazione ed esportazione. “Questo sistema deve integrare controlli digitali in tempo reale, incrociare le informazioni tra ciò che viene dichiarato come produzione e ciò che viene effettivamente commercializzato, impedire l’esportazione illegale di oro sotto forma di gioielli e allinearsi ai requisiti internazionali”.

Il MAAP chiede anche di rafforzare le normative sull’attività mineraria artigianale e su piccola scala, di stabilire obblighi ambientali fin dall’inizio della formalizzazione dell'attività minerari, garantendone la supervisione, e di promuovere tecnologie pulite e vietare l'uso del mercurio entro il 2030.
“Queste politiche devono essere accompagnate da obiettivi specifici per la protezione delle risorse forestali, nonché da sanzioni più severe per coloro che continuano a utilizzare il mercurio e a generare deforestazione – osserva il MAAP – . Tali obiettivi devono essere espressamente incorporati nel Piano d’azione nazionale della Convenzione di Minamata, garantendone un’attuazione efficace e coordinata in tutto il Paese”.