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Il più vecchio cratere da impatto sulla Terra è più giovane di quanto ritenuto: l’età del sito di Pilbara

Il cratere di Pilbara, in Australia, considerato il più antico sito di impatto meteorico sulla Terra, è molto più giovane di quanto si pensasse: un nuovo studio ha rivisto di almeno 800 milioni di anni le stime iniziali, che indicavano un’età di 3,5 miliardi di anni.
A cura di Valeria Aiello
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Il cratere di Pilbara, in Australia Occidentale, era stato identificato come il più antico cratere da impatto sulla Terra, con un’età stimata di 3,5 miliardi di anni. Le analisi condotte in uno studio indipendente hanno tuttavia ridimensionato la sua età, rivelando che il cratere è molto più giovane di quanto ritenuto.

Secondo il nuovo studio, pubblicato su Science Advances, le tracce di quell’antico impatto meteorico fornirebbero una prova inequivocabile di una collisione più recente, che risalirebbe a non più di 2,7 miliardi di anni fa. Per il cratere di Pilbara si tratterebbe pertanto di un ridimensionamento di almeno 800 milioni di anni rispetto alla stima iniziale, se non di più, come spiegato dai co-autori dell’indagine, il ricercatore pot-dottorato Alec Brenner dell’Università di Yale e il professore Aaron Cavosie, docente di Scienze della Terra e dei Pianeti presso la Curtin University.

Se le loro nuove analisi confermeranno questa ulteriore revisione, il cratere di Pilbara non potrà più essere considerato il più antico cratere da impatto sulla Terra, primato che rimarrebbe al cratere di Yarrabubba (2,23 miliardi di anni fa), sempre in Australia.

Il cratere di Pilbara è più giovane di quanto ritenuto

Il cratere di Pilbara non si sarebbe formato 3,5 miliardi di anni fa, ma almeno 800 milioni di anni più tardi, poco dopo 2,7 miliardi di anni fa, o forse più.

L’età di questo affascinante cratere – denominato provvisoriamente Miralga dai ricercatori –  è stata stimata tramite osservazioni sul campo, applicando un principio geologico noto come la legge della sovrapposizione.

Questo principio afferma che gli strati rocciosi si depositano uno sopra l’altro nel tempo, quindi le rocce in superficie sono più giovani di quelle sottostanti” hanno precisato Brenner e Cavosie che, insieme ai colleghi, nelle rocce del sito di Pilbara hanno trovato nuovi segni rivelatori dell’impatto – i cosiddetti shatter cones, le fratture a cuneo create dalla propagazione nel suolo delle onde sismiche dovute agli impatti di asteroidi, meteoriti e comete, e che sono un sicuro indicatore di un impatto meteoritico.

Rispetto ai geologi che in precedenza avevano individuato queste strutture soltanto all’interno e al di sotto di uno strato sedimentario risalente a 3,47 miliardi di anni fa, il team guidato da Brenner e Cavosie ha trovato fratture a cuneo anche in strati rocciosi più giovani, comprese alcune rocce ignee la cui formazione è collegata a un’eruzione avvenuta 2,77 miliardi di anni fa.

Secondo gli studiosi, l’impatto meteorico deve pertanto essersi verificato dopo la formazione di queste rocce, cioè qualche tempo dopo la solidificazione della lava, sebbene il team al momento non abbia voluto sbilanciarsi sulla datazione. “Al momento, non sappiamo con precisione quanto sia giovane il cratere – hanno aggiunto i ricercatori  – . Possiamo solo vincolare l’impatto a un periodo compreso tra 2,7 miliardi e 400 milioni di anni fa. Stiamo lavorando alla datazione con metodi isotopici, ma i risultati non sono ancora disponibili”.

Il cratere di Pilbara è anche più piccolo di quanto stimato

Rispetto alle prime stime, che indicavano un diametro di oltre 100 km, il team guidato da Brenner e Cavosie ha ridimensionato anche le dimensioni del cratere di Pilbara: secondo i loro rilievi, su un’area di 6 km ci sarebbero centinaia di fratture a cuneo che, sulla base del loro orientamento, consentirebbero di calcolare che il cratere originale avesse un diametro di circa 16 km.
Un cratere di 16 km è ben lontano dalla stima iniziale di oltre 100 km – hanno evidenziato i ricercatori – . Ciò significa che è troppo piccolo per aver influenzato la formazione della crosta continentale nel Pilbara o, come sostenuto dagli autori del primo rapporto, per aver influito sulla vita primordiale”.

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