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Gli alberi possono dirci quando un vulcano sta per eruttare: il segnale che si vede dallo spazio

Cambiamenti nella vegetazione vicina ai vulcani, osservabili dallo spazio, possono aiutarci a prevedere le eruzioni: secondo gli studiosi, sono un segnale premonitore, insieme agli eventi sismici e alle deformazioni del suolo, della risalita di magma.
A cura di Valeria Aiello
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Crediti: Jeff Schmaltz, MODIS Rapid Response Team, NASA Goddard Space Flight Center
Crediti: Jeff Schmaltz, MODIS Rapid Response Team, NASA Goddard Space Flight Center

Gli alberi possono aiutarci a prevedere le eruzioni vulcaniche, mostrando i primi segnali della risalita di magma: cambiamenti nella vegetazione, come l’inverdimento e una chioma più rigogliosa, possono infatti indicare variazioni nelle emissioni di anidride carbonica (CO2), uno dei gas che fuoriescono prima che un vulcano erutti ma che spesso è difficile da misurare dallo spazio, soprattutto quando liberato in quantità ancora modeste per l’alto livello di CO2 presente nell’atmosfera.

Eppure, spiegano i ricercatori della NASA e della Smithsonian Institution di Washington, il rilascio precoce di questo gas ha il potenziale per essere uno dei più chiari segnali premonitori del risveglio di un vulcano. Per misurarlo, gli studiosi hanno elaborato un metodo che permette di dedurre il rilascio dall’osservazione degli alberi vicini ai vulcani: in presenza di un aumento locale di anidride carbonica, le foglie degli alberi diventano più verdi e appaiono più sane. Questo sottile cambiamento può essere monitorato utilizzando il satellite Landsat 8 della NASA e gli strumenti a bordo del progetto AVUELO (Airborne Validation Unified Experiment: Land to Ocean) dello Smithsonian Tropical Research Institute, come mostrato in una recente ricerca presentata su SciTechDaily e nei risultati della missione AVUELO.

I segnali di un'eruzione vulcanica possono essere visti negli alberi

L’anidride carbonica rilasciata dal magma in risalita rende le foglie degli alberi vicini ai vulcani più verdi, determinando un cambiamento nell’aspetto della vegetazione che è visibile dallo spazio. Il rilevamento di questo inverdimento offre agli scienziati un ulteriore strumento, insieme agli eventi sismici e alle variazioni di altezza del suolo, per capire cosa stia accadendo sotto il vulcano.

Esistono sistemi di allerta precoce per i vulcani – ha spiegato Florian Schwandner, a capo della Divisione di Scienze della Terra presso l’Ames Research Center della NASA, nella Silicon Valley, in California, che ha collaborato con Josh Fisher della Chapman University di Orange, in California, e Robert Bogue della McGill University di Montreal – . L’obiettivo qui è migliorarli e renderli più tempestivi”.

In particolare, lo studio dell’inverdimento degli alberi per il monitoraggio dell’attività vulcanica, attraverso le immagini raccolte dal satellite Landsat 8 e il loro confronto con quelle del satellite Terra della NASA , del Sentinel-2 dell’Agenzia Spaziale Europea e di altri satelliti di osservazione della Terra, ha mostrato una forte correlazione tra il colore delle foglie degli alberi intorno al vulcano Etna, in Sicilia, e l’anidride carbonica rilasciata dalla risalita del magma.

Per confermare l’accuratezza di questa osservazione, Josh Fisher sta conducendo campionamenti di terra, raccogliendo le foglie dagli alberi vicini al vulcano attivo Rincon de la Vieja in Costa Rica, misurando al contempo i livelli di anidride carbonica con uno spettrometro integrato su un aereo da ricerca. “La nostra ricerca è un’intersezione interdisciplinare bidirezionale tra ecologia e vulcanologia – ha precisato Fisher – . Siamo interessati non solo alle risposte degli alberi all’anidride carbonica vulcanica come preallarme di un’eruzione, ma anche alle quantità che gli alberi sono in grado di assorbire, come finestra sul futuro della Terra in risposta ad alti livelli di anidride carbonica”.

Nel frattempo, Schwandner ha potuto constatare in prima persona i vantaggi del monitoraggio dell’anidride carbonica nei pressi del vulcano, Mayon nelle Filippine, attraverso sensori in situ che, nel dicembre 2017, hanno rilevato livelli di CO2 che suggerivano un’imminente eruzione. Questo segnale ha portato a un’evacuazione di massa dall’area circostante il vulcano, salvando oltre 56.000 persone dalla massiccia eruzione del 23 gennaio 2018.

L’utilizzo di satelliti aprirebbe quindi anche alla possibilità di monitorare la CO2 nella risposta della vegetazione intorno ai vulcani che si trovano in luoghi remoti o difficili da raggiungere, fornendo informazioni tempestive su potenziali eruzioni. “Non esiste un singolo segnale proveniente dai vulcani che possa essere considerato definitivo – ha precisato Schwandner – . Monitorare gli effetti dell’anidride carbonica vulcanica sugli alberi può però essere qualcosa in grado di cambiare le carte in tavola”.

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