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Guerra in Ucraina

Cos’è una nube radioattiva e quali sono i rischi per l’Italia di un rilascio dalla centrale di Zaporizhzhia

Una nube radioattiva è una massa di materiale radioattivo più sottile che, spinto nell’alta atmosfera da un’esplosione nucleare, ricade sotto forma di cenere e pulviscolo sulla Terra (fall-out radioattivo): la coda della ricaduta può estendersi per chilometri, a seconda della quantità e della diffusione del materiale trascinato dai venti in quota. Le sue caratteristiche radioattive aumentano il rischio statistico di cancro.
A cura di Valeria Aiello
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Un'area della centrale nucleare di Zaporizhzhia, dal marzo 2022 sotto il controllo militare russo / Foto credit: LaPresse
Un'area della centrale nucleare di Zaporizhzhia, dal marzo 2022 sotto il controllo militare russo / Foto credit: LaPresse
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Il nuovo attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia durante i combattimenti tra Russia e Ucraina ha riacceso i timori di un disastro di proporzioni simili a quello della centrale di Chernobyl nel 1986, inclusa la preoccupazione per il rilascio di un’eventuale nube di radioattività. Nell’immediato, il pericolo di fughe di materiale radioattivo, sia nell’atmosfera che nel sistema idrico di raffreddamento, è stato comunque escluso dall’Agenzia dell’Onu per l’Energia Atomica (Aiea) che, per voce del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, ha tuttavia denunciato che “si tratta di un incidente serio, che potrebbe potenzialmente danneggiare il sistema di protezione dei reattori”.

Le conseguenze sarebbero catastrofiche, anche se le possibilità di tragedia sono state notevolmente ridotte circa un anno fa, quando tutti i sei reattori sono stati spenti (cinque sono in modalità “spegnimento a freddo” e un’unità è in “spegnimento a caldo”, utilizzata principalmente per scopi di riscaldamento). Ciò non allontana completamente i rischi che deriverebbero dal danneggiamento di sistemi, strutture e componenti importanti per la sicurezza nucleare e la protezione dei reattori, costantemente minacciati dalla guerra che si combatte attorno all’impianto.

Cos’è una nube radioattiva

Una nube radioattiva è una massa di materiale radioattivo più sottile che, spinto nell’alta atmosfera da un’esplosione nucleare, ricade sotto forma di cenere e pulviscolo sulla Terra. La ricaduta di questo materiale (fall-out radioattivo) è nota anche come pioggia radioattiva, indipendentemente dal fatto che sia accompagnata o meno da precipitazioni d’acqua.

Nella zona di un’esplosione o un incidente nucleare, tale ricaduta (fall-out primario) inizia entro pochi minuti, con i detriti e le polveri più pesanti e radioattive, mentre il materiale più sottile e con emivita più breve ricade successivamente (fall-out secondario) e può essere trascinato dai venti in quota.

La coda della ricaduta secondaria può estendersi per chilometri, a seconda della quantità e della diffusione del materiale: per avere un’idea della ricaduta sia a medio che a lungo termine, basti pensare che dopo l’incidente di Chernobyl, che ha contaminato oltre 100.000 km2 di territori in Bielorussia, Ucraina e Russia, la ricaduta si è diffusa in tutta l’Europa settentrionale e occidentale, in particolare in Scandinavia (Svezia, Finlandia e Norvegia hanno subito pesanti ricadute), e in modo irregolare – a seconda delle condizioni meteorologiche – su regioni montuose, come le Alpi, le montagne del Galles e le Highlands scozzesi.

Quali sono i rischi di una nube radioattiva per l’Italia

Nell’eventualità di un incidente nucleare a Zaporizhzhia, la nube radioattiva rilasciata dall’impianto “rimarrebbe circoscritta al territorio ucraino, lambendo la linea di confine con la Federazione Russa”, secondo quando emerge dai risultati dell’analisi previsionale dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (ISIN), l’Autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione in Italia. La valutazione si basa sulle simulazioni di dispersione condotte con il sistema Aries del Centro di emergenze della ISIN, che ha valutato l’evoluzione di ipotetici rilasci di sostanze radioattive in relazione ai venti prevalenti nelle ultime 24 ore.

Ciò significa che, nell’ipotesi di un ipotetica fuga di materiale radioattivo in seguito all’attacco con i droni contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia nella giornata di domenica 7 aprile, l’eventuale nube si sarebbe spostata “in direzione ovest, investendo le regioni ucraine di Zaporizhzhia, Kherson, Mykolaiv, Odessa (parzialmente) e Kirovohrad” indica il rapporto dell’Ispettorato. Successivamente, la nube avrebbe virato “repentinamente verso nord, nord-est interessando le regioni ucraine di Poltava, Dnipropetrovsk, Kharkiv e, molto marginalmente, Sumy”.

Al momento, è bene precisarlo, non è stato osservato alcun danno strutturale a sistemi, strutture e componenti importanti per la sicurezza nucleare o per la protezione dell’impianto, sebbene gli osservatori indipendenti dell’Aiea, che monitorano la situazione sul posto, abbiano individuato danni superficiali alla parte superiore del tetto della cupola del reattore dell’unità 6 e alla soletta in cemento che sostiene i serbatoi primari di stoccaggio dell’acqua primaria di reintegro.

L’Agenzia ha da tempo messo in guardia dai pericoli di un disastro a Zaporizhzhia, affermando che combattere una guerra attorno a un impianto nucleare mette la sicurezza in “costante pericolo”. Un danneggiamento delle strutture di contenimento dei reattori nucleari, ma anche le interruzioni di energia elettrica, essenziale per raffreddare il combustibile nucleare nei reattori anche quando spenti, nonché pompare l’acqua per raffreddare il combustibile nucleare esaurito nelle piscine di stoccaggio, esporrebbe ai rischi derivanti da un’incidente nucleare, con conseguente fuga di materiale radioattivo, contaminando pesantemente i territori limitrofi alla centrale e rilasciando nell’atmosfera diversi isotopi radioattivi (radionucludi) che possono poi diffondersi su vaste aree.

Tali aree, come detto, possono variare a seconda della quantità e della diffusione della ricaduta, le cui caratteristiche radioattive aumentano il rischio statistico di cancro. L’incidente di Chernobyl, che ha diffuso iodio-131, cesio-134, stronzio-90 e cesio-137 in Ucraina, Bielorussia e Russia, e poi nell’Europa settentrionale e centrale, ha avuto impatti nel breve e lungo termine – secondo le Nazioni Unite, quasi 8,4 milioni di persone in Bielorussia, Russia e Ucraina sono state esposte alle radiazioni –  aumentando l’incidenza di tumori alla tiroide, anche nei bambini, e fornendo prove crescenti di conseguenze molto più gravi di quanto documentato all’epoca e negli anni successivi al disastro.

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