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Cosa sappiamo di Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia

Mille volte più piccolo e meno massiccio del buco nero della galassia Messier 87, Sagittarius A* si trova a 27mila anni luce dalla Terra ed è quattro volte più massiccio del Sole.
A cura di Valeria Aiello
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A tre anni dalla prima foto di un buco nero, quello della galassia Messier 87 (M87*), gli astronomi dell’Event Horizon Telescope (EHT) Collaboration hanno svelato una nuova sorprendente immagine che ha definitivamente confermato l’esistenza di un buco nero supermassiccio anche al centro della nostra galassia: noto come Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero della Via Lattea si trova a circa 27mila anni luce dalla Terra e appare molto simile a M87*, anche se quello della nostra galassia è mille volte più piccolo e meno massiccio di M87*. Il risultato, annunciato oggi in diverse conferenze stampa in tutto il mondo, è stato pubblicato in dieci articoli in un numero speciale di Astrophysical Journal Letters.

Il buco nero Sagittarius A* al centro della nostra galassia

L’immagine di Sagittarius A*, che ha fornito un prima straordinaria visione dell’enorme oggetto al centro della Via Lattea, mostra uno spesso anello di gas incandescente che circonda una regione centrale scura, chiamata “ombra”. L’anello è prodotto dalla luce distorta dalla potente gravità del buco nero, che è quattro milioni di volte più massiccio del Sole. All’interno dell’ombra, sebbene non visibile nell’immagine, si trova l’orizzonte degli eventi, il “confine” matematicamente definito del buco nero, che dovrebbe misurare da 12 a 24 milioni di chilometri di diametro, a seconda di come ruota il buco nero.

L’anello luminoso attorno all’ombra si pensa invece che derivi da un mix di due sorgenti: la prima è un vortice di fotoni che ruotano attorno a Sagittarius A* (un fenomeno che gli astrofisici chiamano “anello fotonico”) mentre la seconda è un disco surriscaldato di materiale luminoso che probabilmente circonda il buco nero. Gli astronomi dell’EHT, nello specifico, hanno scoperto che la dimensione dell’anello fotonico è coerente con le previsioni della teoria della relatività generale di Albert Einstein.

La prima immagine di Sagittarius A*

Nonostante Sagittarius A* sia molto più vicino a noi di M87*, ottenere una sua immagine è stato molto difficile perché, essendo molto più piccolo di M87*, il gas impiega pochi minuti (anziché giorni) a completare un’orbita attorno al buco nero. “Il gas, in prossimità dei buchi neri, si muove alla stessa velocità della luce attorno a Sagittarius A* e M87* – ha spiegato lo scienziato dell’EHT Chi-kwan Chan, dello Steward Observatory and Department of Astronomy e del Data Science Institute dell’Università dell’Arizona, negli Stati Uniti – . Ma mentre il gas impiega giorni o settimane per orbitare attorno al più grande M87*, nel più piccolo Sgr A* completa un’orbita in pochi minuti. Ciò significa che la luminosità e la struttura del gas attorno a Sgr A* cambiavano rapidamente durante l’osservazione, un po’ come cercare di scattare una foto nitida di un cucciolo che insegue rapidamente la sua coda”.

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L’immagine è stata ottenuta grazie a una potente rete mondiale di telescopi, compresi quelli appartenenti all’Osservatorio europeo australe (ESO) in Cile, nonché gli osservatori in Europa, negli Stati Uniti e persino al Polo Sud, richiedendo un livello senza precedenti di collaborazione e coordinamento internazionale. I ricercatori hanno inoltre dovuto sviluppare nuovi sofisticati strumenti di analisi che combinassero il movimento del gas attorno a Sgr A* fino ad ottenere, dalla media delle diverse immagini estratte dal team, la prima istantanea che rivela l’aspetto del gigante al centro della nostra galassia.

La possibilità di avere due immagini di due buchi neri di dimensioni molto diverse fornisce inoltre l’opportunità di effettuare alcuni confronti. Gli scienziati hanno anche iniziato a impiegare i nuovi dati per testare teorie e modelli sul comportamento del gas attorno ai buchi neri, un processo non ancora completamente compreso, che si ritiene svolga un ruolo chiave nel plasmare la formazione e l’evoluzione delle galassie.

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