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Come è finito il primo trapianto di fegato di maiale in un uomo vivo

Per la prima volta nella storia una persona viva ha ricevuto un fegato da un maiale geneticamente modificato. L’organo, anche se solo per poco più di un mese, è stato in grado di funzionare, svolgendo le normali funzioni epatiche. Anche se la strada è ancora lunga, per gli esperti questo intervento rappresenta una “pietra miliare nell’epatologia”.
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Per la prima volta nella storia un fegato di maiale geneticamente modificato è stato trapiantato con successo in una persona viva. Anche se il paziente che ha ricevuto l'organo è morto dopo 171 giorni  dal trapianto, il successo della procedura è stato definito "una pietra miliare nell'epatologia". L'organo trapiantato ha infatti funzionato per oltre un mese, dimostrando che un fegato suino geneticamente modificato può supportare le funzioni svolte dal fegato umano.

Il caso, riportato in questi giorni in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Hepatology, è il primo xenotrapianto di fegato ausiliario al mondo da un maiale geneticamente modificato a un ricevente umano vivente. Negli ultimi anni infatti la ricerca sugli xenotrapianti, ovvero i trapianti di organi di animali in esseri umani, si è concentrata soprattutto sui trapianti di rene e cuore, anche con risultati significativi, mentre per quanto riguarda i trapianti di fegati c'erano stati dei precedenti, ma soltanto in persone cerebralmente morte. Questo è stato il primo trapianto di questo tipo effettuato in una persona viva.

Come è stato effettuato il trapianto

Il trapianto è stato eseguito dai chirurghi della Anhui Medical University in Cina su un uomo di 71 anni con un quadro clinico molto complesso: era affetto da cirrosi correlata a epatite B e un carcinoma epatocellulare di grandi dimensioni. Come spiega l'editoriale del co-redattore di Journal of Hepatology, il professore Heiner Wedemeyer, della Hannover Medical School di Hannover, in Germania, trattandosi di un tumore di grandi dimensioni, la sua resezione avrebbe lasciato una parte di fegato troppo piccola per poter supportare tutte le funzioni a cui è preposto questo organo.

Così i medici che stavano seguendo il paziente hanno deciso di tentare una cosa mai fatta prima in un essere umano, ovvero il trapianto di un innesto ausiliario di fegato da un maiale nano Diannan geneticamente modificato. In questi casi si parla di intervento autorizzato "per motivi compassionevoli", ovvero questo significa che, pur non essendo autorizzata ufficialmente, si dà comunque il via libera all'operazione perché si ritiene che rappresenti un estremo tentativo per salvare la vita al paziente.

I risultati

Quindi, il paziente ha ricevuto una parte del fegato dal maiale geneticamente modificato in dieci geni per aumentare la compatibilità e ridurre il rischio di rigetto. L'operazione è avvenuta con successo: per i primi 31 giorni dopo il trapianto non ci sono stati rigetti, infezioni o complicazioni e dopo due ore dall'operazione l'innesto di fegato trapiantato ha iniziato a funzionare in modo "sorprendente", scrive Wedemeyer: "L'innesto suino – si legge nello studio – ha mostrato una funzionalità epatica metabolicamente attiva, secrezione biliare e correzione della coagulazione".

Poi il 38° giorno si è verificata una grave complicazione che ha costretto i medici a intervenire rimuovendo l'innesto suino. Le successive cure somministrate dai medici hanno comunque permesso al paziente di sopravvivere fino al 171° giorno dopo l'intervento.

La ricerca sugli xenotrapianti

Anche se la strada da fare è ancora lunga, secondo gli esperti questo risultato rappresenta comunque una prima volta dal forte valore scientifico, nonché un "motivo di cauto ottimismo". Nonostante infatti i  tanti limiti ancora esistenti, sia in termini di risultati sul lungo periodo, sia per quanto riguarda le complessità biologiche ed etiche, questo trapianto apre comunque una nuova strada nella ricerca di una soluzione alla carenza globale di organi, una delle emergenze sanitarie più gravi dei nostri tempi. In base ai dati dell'Organizzazione mondiale della sanità infatti ogni anno migliaia di persone muoiono in attesa di un organo proprio a causa della scarsa disponibilità di organi trapiantabili.

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