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Cosa c’è dietro l’allarmante calo dei pesci migratori d’acqua dolce: “Diminuiti di oltre l’80% dal 1970”

Il “catastrofico” declino globale delle popolazioni di pesci migratori d’acqua dolce è dovuto a dighe, deviazioni dei corsi d’acqua, inquinamento e cambianti climatici che minacciano gli ecosistemi, avvertono i ricercatori.
A cura di Valeria Aiello
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Un salmone che risale un fiume per deporre le uova. In Europa si stima circa 1,2 milioni di barriere lungo i fiumi che possono impedire il completamento di questo ciclo vitale / Credit: Gingerbreadmedia/Pixabay.
Un salmone che risale un fiume per deporre le uova. In Europa si stima circa 1,2 milioni di barriere lungo i fiumi che possono impedire il completamento di questo ciclo vitale / Credit: Gingerbreadmedia/Pixabay.

Le popolazioni di pesci migratori d’acqua dolce sono diminuite di oltre l’80% dal 1970, in particolare in Sud America e nei Caraibi, dove l’abbondanza di queste specie si è ridotta del 91% negli ultimi 50 anni, e in Europa, dove si registra un calo del 75%. È quanto emerge dall’ultimo aggiornamento del Living Planet Index (LPI) per le specie ittiche migratorie d’acqua dolce, che conferma il “catastrofico” declino globale popolazioni di pesci migratori.

È un assordante campanello d’allarme per il pianeta – avverte Herman Wanningen, fondatore della World Fish Migration Foundation, una delle organizzazioni coinvolte nello studio – . Dobbiamo agire ora per salvaguardare queste specie fondamentali e i loro fiumi”. Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), un quarto delle specie ittiche d’acqua dolce è a rischio di estinzione , con i pesci migratori minacciati in modo sproporzionato.

Le popolazioni di pesci migratori d’acqua dolce sono diminuite di oltre l’80% dal 1970

I dati sull’abbondanza di pesci migratori che trascorrono tutta o parte della loro vita in acqua dolce – 1.864 popolazioni di 284 specie – mostrano un preoccupante declino negli ultimi 50 anni, con cali medi più pronunciati in Sud America e Caraibi (−91%) e in Europa (−75%), e minori in Nord America (−34%) e Asia-Oceania (−28%). (Per l’Africa, i dati non erano sufficienti per calcolare la tendenza).

Nel complesso, queste popolazioni ittiche sono diminuite dell’81% dal 1970 al 2020, minacciate principalmente da alterazioni, degrado e perdita degli habitat naturali, in relazione alla costruzione di dighe e altre barriere che bloccano la migrazione delle specie e all’inquinamento derivante dalle acque reflue urbane e industriali oltre al deflusso dalle strade e dalle aziende agricole. Altre cause del declino includono la crisi climatica, che sta modificando gli habitat naturali e la disponibilità di acqua dolce, e la pesca non sostenibile.

I pesci migratori sono fondamentali per le culture di molti popoli indigeni, nutrono milioni di persone in tutto il mondo e sostengono una vasta rete di specie ed ecosistemi – ha aggiunto il dottor Wanningen – . Non possiamo lasciarli andare via silenziosamente”.

L’analisi, hanno concluso gli autori dello studio, rappresenta un altro passo in avanti verso la quantificazione delle tendenze e l’identificazione dei fattori di cambiamento nelle popolazioni di pesci migratori d’acqua dolce, a cui affiancare soluzioni pratiche che ripristino e proteggano gli ecosistemi da cui queste specie dipendono. “Abbiamo gli strumenti, l’ambizione e l’impegno per invertire il collasso delle popolazioni di pesci d’acqua dolce – ha commentato Michele Thieme, vicedirettrice del settore acqua dolce del WWF-USA – . Dare priorità alla protezione, al ripristino e alla navigabilità dei fiumi è fondamentale per salvaguardare queste specie”.

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