Una delegazione di Israele andrà a Doha per i negoziati con Hamas. A Tel Aviv proteste contro il genocidio

Israele invierà domani una delegazione negoziale a Doha per partecipare a nuovi colloqui indiretti con Hamas, sotto la mediazione del Qatar e degli Stati Uniti. Lo ha reso noto l’ufficio di un alto esponente del governo israeliano al quotidiano The Times of Israel.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato per questa sera alle 22:00 una riunione del gabinetto di sicurezza, durante la quale si discuterà sia dell’imminente missione diplomatica in Qatar sia della sua visita a Washington prevista per domani. Netanyahu decollerà alle 16 dall’aeroporto Ben Gurion e incontrerà il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, lunedì. Il ritorno in Israele è previsto per giovedì, ma non si esclude una possibile estensione del viaggio a causa dello Shabbat.
Secondo fonti governative israeliane citate dall’emittente pubblica Kan, Hamas avrebbe alleggerito alcune delle sue richieste iniziali, facendo così intravedere margini per una trattativa concreta. “C’è qualcosa su cui lavorare”, hanno riferito gli ufficiali, lasciando intendere un cauto ottimismo sul possibile avanzamento dei colloqui.
Tel Aviv, in centinaia alla veglia per i bambini morti a Gaza
Nel frattempo, il clima in Israele resta carico di tensione e dolore. A Tel Aviv, alcune centinaia di persone hanno partecipato a una veglia silenziosa in memoria dei bambini uccisi nella Striscia di Gaza dall'inizio del genocidio. I manifestanti, raccolti lungo Kaplan Street, hanno acceso candele e mostrato fotografie dei piccoli rimasti vittime del conflitto. Ogni immagine reca il nome del bambino, la data e il luogo della morte.
Alla commemorazione ha preso parte anche il parlamentare Ofer Cassif, esponente del partito comunista Hadash. Si tratta della prima veglia di questo tipo dopo il recente conflitto di 12 giorni tra Israele e Iran, durante il quale un missile balistico iraniano aveva colpito un edificio vicino, costringendo alla chiusura del tratto di marciapiede solitamente utilizzato per questi raduni.
Lo scorso fine settimana, sempre in segno di protesta contro la guerra, centinaia di attivisti di sinistra si sono radunati a Haifa per una manifestazione che ha riunito diverse sigle pacifiste e movimenti per i diritti umani.

L'UE potrebbe emettere sanzioni verso Israele
In questo quadro l’Unione Europea si appresta a discutere una serie di potenziali sanzioni nei confronti di Israele in risposta alle sue operazioni militari nella Striscia di Gaza, ma le profonde spaccature tra gli Stati membri rendono remota l’adozione di misure concrete. A riportarlo è il sito Euractiv, citando fonti diplomatiche europee.
Mercoledì prossimo il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) presenterà ai rappresentanti permanenti dei 27 un documento di lavoro, un options paper, che elenca cinque possibili misure punitive. Tra queste figurano: la sospensione totale o parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele, sanzioni mirate contro esponenti del governo israeliano, membri dell’esercito e coloni, restrizioni commerciali, embargo sulle armi e la sospensione della cooperazione scientifica. È la prima volta che tali ipotesi vengono messe formalmente nero su bianco.
Le opzioni saranno al centro del Consiglio Affari Esteri dell’UE in programma per il 15 luglio a Bruxelles, ultima sessione prima della pausa estiva. La mossa arriva dopo una revisione interna condotta dalla Commissione europea, che ha riscontrato “indicazioni di violazioni” degli obblighi in materia di diritti umani previsti dall’Accordo di associazione con Israele.
Tuttavia, secondo diverse fonti citate da Euractiv, le possibilità che vengano approvate sanzioni di ampia portata restano esigue. Un’eventuale sospensione dell’accordo richiederebbe l’unanimità degli Stati membri, obiettivo reso pressoché irraggiungibile dai no già annunciati da Germania, Repubblica Ceca e Ungheria. Anche la Commissione, che ha competenze in ambito commerciale, si opporrebbe a misure drastiche come il blocco degli scambi.
Appare altrettanto improbabile l’introduzione di un embargo sulle armi: Berlino, principale fornitore europeo di armamenti a Israele, non sarebbe favorevole a un simile provvedimento.
In questo scenario, l’opzione più realistica resta quella delle sanzioni individuali, già adottate da altri Paesi occidentali come Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Norvegia. Una strada più percorribile per Bruxelles, che consentirebbe di mantenere una posizione politica senza compromettere gli equilibri interni dell’Unione.