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Tre cooperanti italiani in stato di fermo in Tunisia: accusati di irregolarità su prelievi di denaro

La Farnesina e l’ambasciata al lavoro per la loro liberazione. Secondo le prime notizie, i tre cooperanti operano su alcuni progetti di sviluppo in Libia dove però le difficoltà del sistema bancario costringe spesso a dirigersi proprio verso la vicina Tunisia per periodici prelievi di denaro.
A cura di Antonio Palma
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Tre cooperanti italiani sono in stato di fermo in Tunisia perché accusati di presunte irregolarità su prelievi di denaro nel paese nordafricano. Si tratta di tre connazionali che operano per conto del Cesvi, un'organizzazione umanitaria italiana registrata presso l'Agenzia Italiana per lo Sviluppo e la Cooperazione come Organizzazione della Società Civile (OSC).

Secondo le prime notizie, i tre cooperanti operano su alcuni progetti di sviluppo in Libia dove però le difficoltà del sistema bancario costringe spesso gli operatori a dirigersi proprio verso la vicina Tunisia per periodici prelievi di denaro da utilizzare.

Durante uno di questi spostamenti e prelievi i tre sono stati fermati dalle autorità tunisine insieme a un altro membro dello staff Cesvi, accusati di presunte irregolarità legate a prelievi di denaro da una banca locale. Il fermo da parte della polizia tunisina risalirebbe ad alcuni giorni fa ma si è avuto notizia del fatto solo in queste ore. La Farnesina però era stata immediatamente informata e si è subito attivata per assistere i tre cooperanti.

Dal Ministero degli esteri, infatti, fanno sapere che fin dall'inizio della vicenda l'ambasciata a Tunisi, in stretto coordinamento con la Farnesina, ha assicurato piena assistenza ai connazionali ed è in costante contatto anche con Cesvi per ricostruire i fatti. L0organizzaiaone umanitaria dal suo canto sta fornendo tutte le necessarie informazioni alle autorità inquirenti per consentire un rapido chiarimento e arrivare a un presto rilascio di tutte le persone coinvolte.

In particolare si cerca di dimostrare che i prelievi in Tunisia erano necessari affinché l'organizzazione umanitaria italiana potesse operare in Libia con valuta corrente a causa delle elevate limitazioni che il Paese mantiene sul sistema bancario del posto.

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