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Siria, le timide aperture del regime non fermano le proteste

In Siria non si fermano le proteste contro Assad ed il suo regime. Nonostante, dopo la pressione internazionale, il Governo abbia concesso qualche timida apertura, il popolo siriano continua a chiedere la fine della dittatura.
A cura di Cristian Basile
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Siria proteste

Mentre l’attenzione della comunità internazionale è rivolta alla crisi libica ed al disperato tentativo di Gheddafi di restare al potere, non si placano le proteste in Siria contro Bachar el Assad. Il regime siriano ha inizio settimana ha fatto una timida concessione mettendo in libertà un centinaio di persone che erano state arrestate durante le proteste dei giorni scorsi. Ma la situazione in Siria è rimasta pressocchè invariata e decine di migliaia di siriani sono scesi nuovamente in piazza ieri, in diverse città del Paese, dopo la preghiera del venerdì, per esigere la fine della dittatura.

Per la prima volta la polizia è sembrata disposta a controllarsi e non ha sparato contro la folla, come aveva sempre fatto durante le ultime manifestazioni. Forse la leggera pressione internazionale sul Governo di Bachar el Assad ha avuto qualche effetto, almeno per il momento, sull'estrema e smisurata violenza della polizia. Sia il segretario generale dell'ONU che gli Stati Uniti hanno, infatti, qualificato come "inammissibile" la brutalità con la quale il Governo siriano ha represso le proteste e durante le quali gli spari della polizia hanno provocato la morte di oltre 200 persone.

Ieri, inoltre il ministro degli Esteri della Siria ha annunciato che molti ambasciatori europei a Damasco hanno chiesto al Governo siriano meno violenza e maggiore ascolto alle richieste popolari. L'inusuale atto di trasparenza è stato accompagnato da un'altra notizia: per la prima volta la televisione statale ha parlato delle proteste e pur minimizzando sul numero dei manifestanti ha ammesso l'esistenza di un certo malessere sociale. La situazione, in ogni caso, resta molto confusa, sia perchè il Governo ha impedito la presenza di giornalisti nella zona delle proteste, sia perchè in Medio Oriente niente è quello che sembra, ed in Siria, ancora di meno.

Le aperture del regime, che oggi ha annunciato anche la formazione dell'ennesimo nuovo governo, vogliono in realtà cercare goffamente di placare le proteste, mantenendo infatti la propria attitudine violenta e repressiva. Lo scorso fine settimana sono morti almeno 8 militari a quanto pare uccisi dalla polizia dopo che si erano rifiutati di sparare contro la folla. Inoltre la liberazione di centinaia di persone arrestate nelle settimane scorse ha permesso di provare che praticamente tutti gli arrestati sono stati torturati come già denunciato dalla Human Right Watch, l'organizzazione umanitaria che nelle ultime ore ha denunciato anche l'uso di bombe a grappolo a Misurata, in Libia.

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