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Guerra in Ucraina

Putin chiede il Donetsk per la pace in Ucraina: presto un vertice con Trump a Budapest, cosa succede ora

Putin propone la pace in cambio del pieno controllo della regione ucraina del Donetsk. Trump valuta l’offerta e prepara un vertice con il leader russo a Budapest, mentre l’Europa rilancia e propone un piano politico per evitare un accordo bilaterale che escluda Kiev.
A cura di Davide Falcioni
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Il controllo della regione ucraina del Donetsk in cambio della fine del conflitto con Kiev. Sarebbe questa la condizione avanzata da Vladimir Putin per concludere le ostilità, emersa durante l'ultima telefonata tra il capo del Cremlino e Donald Trump; una condizione che segna un potenziale punto di svolta nei negoziati ma anche un rischio di spaccatura tra Washington, Kiev e le capitali europee.

Secondo quanto riportato dal Washington Post, il presidente russo avrebbe espresso disponibilità a rinunciare ad alcune aree delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson, ancora contese, in cambio della sovranità totale su Donetsk.

Di certo, si tratta di una rivendicazione territoriale meno radicale di quella avanzata ad agosto durante un vertice tra Trump e Putin ad Anchorage, quando il capo del Cremlino chiese il riconoscimento di tutti gli oblat annessi e parzialmente occupati dell'est dell'Ucraina. Non a caso alcuni funzionari della Casa Bianca l'hanno descritta come un progresso, mentre altri hanno ammesso che è improbabile che gli ucraini la vedano allo stesso modo. Né Washington né Mosca hanno risposto immediatamente alla richiesta di commento.

Verso un vertice a Budapest tra Putin e Trump

Trump, dopo una "telefonata produttiva" con Putin, ha annunciato di voler incontrare il leader del Cremlino a Budapest "entro due settimane" per cercare una via d’uscita dal conflitto. La capitale ungherese, scelta non casuale, si prepara a ospitare un faccia a faccia potenzialmente decisivo.

Il premier ungherese Viktor Orbán, alleato storico sia di Trump che di Putin, ha confermato che "i preparativi procedono a pieno ritmo". Il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha garantito che Budapest aprirà le proprie porte al presidente russo "senza bisogno di consultare nessuno", rivendicando la sovranità ungherese anche di fronte al mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte penale dell’Aia contro Putin.

L’Unione Europea, pur mostrando prudenza, ha accolto con favore l’iniziativa se potrà favorire un cessate il fuoco. Tuttavia, l’arrivo di Putin in un Paese dell’UE solleva questioni logistiche e politiche: il leader russo è soggetto a sanzioni economiche e al divieto di volo imposto ai velivoli russi dopo l’invasione del 2022.

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Zelensky chiede missili, Trump li nega

Sul fronte opposto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato alla Casa Bianca per chiedere nuovi aiuti militari, inclusi i missili Tomahawk a lungo raggio. Secondo Axios, Trump avrebbe risposto con tono "duro" e un netto rifiuto, insistendo sulla necessità di "fermare le uccisioni e fare un accordo".

Il rifiuto di Washington di fornire armi più potenti ha spinto Kiev a cercare sponde in Europa. Da Berlino e Londra è arrivata la proposta di rilanciare un piano politico per la pace, "sulla falsariga del programma in venti punti elaborato per Gaza". Il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier britannico Keir Starmer hanno sottolineato che "è tempo di dare all’Ucraina una prospettiva politica accanto agli aiuti militari". Zelensky ha discusso la proposta con i principali leader europei, tra cui Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e Mark Rutte, nel tentativo di evitare una pace “imposta dall’alto” tra Mosca e Washington.

Se il vertice di Budapest dovesse andare in porto, si tratterebbe di un momento diplomatico cruciale. L’UE appare pronta a sostenere qualsiasi iniziativa che porti a un cessate il fuoco, ma teme che un accordo bilaterale tra Trump e Putin possa tagliare fuori Kiev e minare il fronte occidentale.

Orbán, nel frattempo, continua a chiedere "un’apertura di canali diplomatici verso la Russia" e accusa Bruxelles di mantenere "una posizione pro-guerra". Parole che risuonano a Washington come un campanello d’allarme, alla vigilia di un incontro che potrebbe ridefinire i confini, politici e militari, dell’Europa postbellica.

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