Polonia (e Italia) rifiutano l’estradizione dei sospettati del sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2

Il Tribunale distrettuale di Varsavia ha respinto la richiesta di estradizione in Germania di Wołodymyr Ż., cittadino ucraino accusato di aver partecipato al sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2. L’uomo, arrestato a fine settembre a Pruszków in base a un Mandato d’Arresto Europeo emesso dal Tribunale federale tedesco di Karlsruhe, è stato rimesso in libertà.
Il giudice Dariusz Łubowski ha motivato la decisione affermando che la documentazione inviata da Berlino "contiene solo informazioni generiche" e non fornisce elementi sufficienti a giustificare la consegna. Il tribunale polacco, ha precisato il magistrato, non aveva il compito di stabilire la colpevolezza dell’indagato, ma di verificare la fondatezza della richiesta tedesca: una condizione che, secondo Varsavia, non è stata soddisfatta.
Il premier Donald Tusk ha espresso immediato sostegno alla sentenza, spiegando che "ci sono ovvie ragioni per cui la Polonia non è interessata a perseguire chi combatte contro la Russia". Ha aggiunto che, per Varsavia, "il vero problema non è stata l’esplosione del Nord Stream 2, ma la sua costruzione".
Solo due giorni fa, un caso analogo aveva avuto un epilogo simile in Italia. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello che disponeva la consegna alla Germania di Serhii Kuznietsov, ex capitano dell’esercito ucraino arrestato nel riminese il 21 agosto, anch’egli accusato di aver preso parte al sabotaggio del gasdotto. La vicenda sarà ora riesaminata da un nuovo collegio.
Le autorità tedesche collegano entrambi gli uomini all’attacco che, il 26 settembre 2022, distrusse tre delle quattro condotte dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, sul fondo del Mar Baltico. Secondo le indagini, un gruppo di sommozzatori avrebbe piazzato cariche esplosive dopo aver noleggiato uno yacht con documenti falsi nel porto di Rostock, per poi fare ritorno in Ucraina.
Le decisioni di Varsavia e Roma segnano così un ulteriore ostacolo alle indagini tedesche, evidenziando una crescente divergenza tra i Paesi europei sulla gestione giudiziaria di un caso che, a oltre tre anni di distanza, resta avvolto da numerosi interrogativi, uno su tutti: fu il governo ucraino a ordinare il sabotaggio dell'infrastruttura energetica strategica che collegava la Russia con la Germania?