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Guerra in Ucraina

Perché dalla pace tra Russia e Ucraina passa anche il destino UE: “Accordo sbilanciato aprirebbe grave crisi”

Trump propone una pace che premia Mosca, l’UE tenta di riequilibrare a favore dell’Ucraina. Una soluzione sbilanciata rischierebbe di marginalizzare l’Europa e comprometterne il futuro. Il punto con Marco Di Liddo, direttore del CESI.
Intervista a Marco Di Liddo
Direttore del CESI (Centro Studi Internazionali)
A cura di Davide Falcioni
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Le trattative in corso per un possibile accordo di pace tra Russia e Ucraina stanno ridisegnando – molto più di quanto emerga nel dibattito pubblico – il futuro dell’ordine europeo. Sul tavolo ci sono due visioni profondamente diverse: da un lato il piano proposto da Donald Trump, percepito da molti analisti come un documento che legittima le conquiste russe anche oltre i reali equilibri emersi sul campo; dall’altro la controproposta dell’Unione Europea, che tenta di riequilibrare il quadro ma fatica a imporsi come progetto politico autonomo.

Al di là della questione militare, però, un nodo importante è il peso dell’Europa: se l’Unione dovesse ritrovarsi schiacciata tra le pressioni americane e le pretese russe, la pace rischierebbe di trasformarsi in un cedimento strutturale del continente, con conseguenze profonde sulla sua capacità di difendersi e di parlare con una voce unica. Fanpage.it ne ha parlato con Marco Di Liddo, direttore del CESI, che ha spiegato perché una pace "sbilanciata" potrebbe inaugurare una crisi destinata a ridimensionare l’intero progetto europeo.

Partiamo dalle bozze di piani di pace tra Russia e Ucraina circolati in questi giorni. Lei ha letto la proposta di Donald Trump: che idea si è fatto?

L’ho letta e la mia valutazione è molto semplice: quello non è un piano di pace, è un diktat. È una bozza estremamente sbilanciata sulle posizioni russe, al punto da risultare sostanzialmente irricevibile sia per l’Ucraina sia per l’Europa. Premia, tra molte virgolette, il Paese aggressore, riconoscendo di fatto le annessioni dei cinque oblast occupati, vietando l’ingresso dell’Ucraina nella NATO e imponendo una smilitarizzazione di Kiev in cambio di garanzie molto blande. È una logica di spartizione del territorio ucraino più che un tentativo di ricomporre un ordine europeo sostenibile.

Passiamo allora alla controproposta europea. L’hai analizzata: in cosa differisce, davvero, da quella statunitense?

Non si allontana radicalmente da quella americana, ma introduce alcuni elementi che cambiano natura e percezione dell’accordo. Il più rilevante è che viene totalmente escluso qualsiasi riconoscimento delle acquisizioni territoriali russe. Quel punto, presente nella bozza Trump, nella proposta UE sparisce: viene sostituito da una formulazione diversa, in cui l’Ucraina si impegna a non tentare la riconquista militare dei territori occupati. Ma questo non equivale a riconoscere la sovranità russa, e la distinzione è fondamentale.

Poi c’è il capitolo delle garanzie di sicurezza: il documento europeo fa esplicito riferimento a impegni robusti modellati sull’Articolo 5 della NATO. È un segnale forte, che mira a rassicurare Kiev e a riequilibrare un impianto troppo sbilanciato verso le richieste di Mosca.

Secondo lei una proposta del genere può essere accettabile per il Cremlino, considerando che Mosca oggi ha un evidente vantaggio sul terreno?

Parlare di "vantaggio evidente" è fuorviante: il piano Trump premierebbe la Russia oltre quello che Mosca ha effettivamente ottenuto sul campo. Sarebbe una sorta di pacchetto regalo politico, economico e securitario.

Il tema del riconoscimento territoriale, pur importante, non è il vero fulcro per Mosca. Il vero obiettivo russo è impedire che l’Ucraina diventi un Paese militarmente capace di difendersi e stabilmente ancorato all’Occidente. E il secondo obiettivo, altrettanto cruciale, è favorire un allontanamento strutturale tra Europa e Stati Uniti. Il Cremlino parte dal presupposto che, se Washington si defila, l’Europa da sola non sarà in grado né di sostenere Kiev né di sostenersi. Le divisioni interne all’UE faranno il resto.

In che modo un accordo di pace tra Russia e Ucraina, qualunque esso sia, plasmerà la sicurezza europea in futuro?

Enormemente. Ed è un punto che oggi in Europa viene sottovalutato. L’esito del negoziato sulla pace in Ucraina determinerà in larga parte quale peso l’Europa avrà nel sistema internazionale dei prossimi decenni.

Se dovesse passare un accordo di pace che tratta l’Ucraina come un "territorio da spartire" tra Washington e Mosca, senza tenere conto dei diritti di Kiev e che soprattutto marginalizza l’UE, allora possiamo dire che il progetto politico europeo entrerebbe in una fase crepuscolare. Sarebbe la dimostrazione che l’Europa non è in grado di esercitare un’autonomia strategica né di difendere un proprio vicino aggredito, né di opporsi alla volontà di attori più forti come Stati Uniti e Russia.

Ma il punto è più ampio: un trattato di pace sbilanciato produrrebbe conseguenze globali. Per l’Ucraina significherebbe rischiare la propria indipendenza o comunque accettare una sorta di "condominio" russo-americano sul proprio futuro. Per gli Stati Uniti, uscire male dal dossier significherebbe perdere credibilità in Medio Oriente, Indo-Pacifico e in tutte le aree in cui la loro leadership viene quotidianamente messa alla prova. Per la Russia, un accordo ingestibile internamente potrebbe aprire una fase di instabilità. Per l’UE, infine, significherebbe certificare di essere il vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro.

In sostanza, questa trattativa non riguarda solo l’Ucraina, ma il futuro degli equilibri globali.

Esatto. Questa guerra non è soltanto una guerra di confine. È un conflitto che definisce chi avrà voce nelle grandi decisioni dei prossimi anni. Nel negoziato sulla pace non c’è in ballo solo il destino dell’Ucraina: c’è il destino della credibilità dell’Occidente, della tenuta della NATO, dell’autonomia strategica europea e della capacità degli Stati Uniti di mantenere un ordine internazionale coerente.

Se passa una pace "alla russa", cioè una pace che assegna a Mosca più di quanto abbia ottenuto militarmente e che costringe l’Ucraina a una semi-sovranità, allora la crisi che si aprirà sarà enorme. Perché segnalerà a tutti gli attori globali che l’Occidente non è più in grado di proteggere i propri partner né di difendere un ordine basato sulle regole.

Alla luce di questo quadro, qual è la responsabilità specifica dell’Unione Europea?

È enorme. Ed è il punto che vorrei sottolineare più di tutti. Se l’Europa non riesce a trovare una formula congiunta con Stati Uniti e Ucraina che non penalizzi Kiev e non trasformi l’UE in un attore passivo, subalterno alle decisioni altrui, allora ne uscirà con un danno irreparabile.

L’UE oggi dovrebbe essere il motore diplomatico della trattativa, non un osservatore. Perché il futuro dell’ordine europeo, la sicurezza del continente, la credibilità delle sue istituzioni dipendono da come si chiuderà questo negoziato. E se l’accordo finale sarà costruito esclusivamente sulle sensibilità russe e americane, senza una reale partecipazione europea, allora sì: potremmo assistere a un terremoto politico che scuoterà dalle fondamenta l’intero progetto comunitario.

In definitiva, potremmo dire che dall’esito di questa pace dipende anche la sopravvivenza del progetto europeo?

Non parlerei necessariamente di "fine", ma certamente di un rischio di implosione dell’idea europea. Se l’UE non riesce a incidere su un processo negoziale che riguarda la sicurezza del proprio continente, se non riesce a proteggere un Paese che ha scelto con chiarezza la via europea, se non riesce a evitare una pace imposta da terzi e sbilanciata a favore della Russia, allora sì: il progetto europeo ne uscirebbe profondamente indebolito. E sarebbe difficile ricostruirne il prestigio.

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