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Non solo Ucraina, cosa sta accadendo in Bosnia

In Bosnia-Erzegovina l’equilibrio è sempre più instabile, con le mosse di secessioniste di Milorad Dodik che rischiano di far scoppiare una nuova guerra nel cuore dell’Europa.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Trent'anni dopo l'inizio dell'assedio di Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina soffia forte il vento di secessione che aumenta il rischio di una nuova crisi nel cuore dell'Europa. Continuano le mosse di Milorad Dodik, membro serbo-bosniaco della presidenza tripartita: prima l’Assemblea della Repubblica Srpska – l'entità che compone la Bosnia-Erzegovina insieme alla Federazione croato-musulmana – si è staccata dal punto di vista sanitario lo scorso ottobre, creando un'agenzia per l'approvvigionamento di medicine, poi l'approvazione di un progetto di legge che crea un sistema giudiziario parallelo a quello nazionale.

In questi giorni la discussione si è riaccesa per via delle sanzioni comminate dal Regno Unito contro lo stesso Dodik e Zeljka Cvijanovic, presidente della Repubblica Srpska, per via dei "loro tentativi di minare la legittimità e la funzionalità dello Stato della Bosnia-Erzegovina". La ministra degli Esteri britannica, Liz Truss, è stata durissima: "Questi due politici stanno deliberatamente minando la pace conquistata a fatica in Bosnia ed Erzegovina – ha detto – Incoraggiati da Putin, il loro comportamento sconsiderato minaccia la stabilità e la sicurezza nei Balcani occidentali". Pronta la risposta di Dodik, che ha definito le sanzioni "ridicole".

Se le mire secessionistiche di Dodik vanno avanti da mesi, è anche vero che l'allarme non arriva certo oggi. La prossima mossa potrebbe essere la ricostituzione delle milizie serbo-bosniache, che si staccherebbero dall'esercito nazionale. L'Alto rappresentante dell'Onu in Bosnia, Christian Schmidt, già a fine novembre aveva definito possibile la secessione serbo-bosniaca con la disgregazione della confederazione che governa nel Paese. Si riaprirebbe così una ferita enorme nel bel mezzo dell'Europa.

Quando si parla di Bosnia-Erzegovina – così come succedeva con l'Ucraina – si tira sempre in ballo il possibile ingresso nella Nato e nell'Unione europea, per stabilizzare definitivamente il Paese. Tra gli amici di Dodik, però, c'è Vladimir Putin, che potrebbe decidere di interferire facendo scoppiare una polveriera nel cuore dell'Europa. Molto vicino al leader secessionista serbo-bosniaco è anche Viktor Orban, che lo ha ricevuto spesso a Budapest, mentre i vicini di Serbia e Croazia restano più ambigui. Gli Stati Uniti non sembrano avere grandi interessi, per ora, nella partita bosniaca.

Sefik Dzaferovic, membro bosniaco-musulmano della presidenza tripartita, guarda alla guerra in Ucraina con una convinzione: presto potrebbe accadere anche in Bosnia-Erzegovina. "Purtroppo Mosca sente come proprie questioni interne altrui, ha la pretesa di governare su altri Paesi – ha raccontato in un'intervista all'Ansa – Dodik sostiene apertamente l'invasione russa dell'Ucraina, sposando la narrazione di Putin". Poi ha polemizzato per via delle sanzioni non imposte dall'Ue al leader secessionista, a differenza di quanto fatto da Usa e Regno Unito. E ha rilanciato: "Non aderire alla Nato non è un'opzione per noi e di certo nessuno ci fermerà in questo, nemmeno Mosca".

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