
La pioggia non ha fermato le migliaia di persone che sono scese in piazza nel No Kings Day, una serie di oltre 2000 proteste simultanee che si sono svolte nel giorno del 79esimo compleanno del presidente, che ha visto anche un’imponente parata militare a Washington D.C. – da tempo uno dei desideri di Donald Trump. La giornata è cominciata con la notizia sconvolgente dell'assassinio della deputata democratica dello stato del Minnesota Melissa Hortman e del marito, uccisi nella loro abitazione a Brooklyn Park da un killer che pochi minuti dopo ha sparato anche a un altro deputato, John Hoffman, e a sua moglie, che sono sopravvissuti. Il governatore Tim Waltz ha parlato di un "omicidio di matrice politica" e nell’auto del sospettato è stato trovato un manifesto con una lista di 70 obiettivi, tra cui medici che praticano aborti. Gli organizzatori del No Kings Day hanno però invitato i manifestanti a mantenere un clima pacifico, com’è poi quello che si respira tra le strade di New York.
New York sfila sotto la pioggia: “Non vogliamo un’altra Los Angeles”
"Non vogliamo che succeda come a Los Angeles", spiega un’addetta al servizio d’ordine che controlla il traffico nella manifestazione. Si riferisce alle recenti proteste contro l’I.C.E., l’agenzia che controlla arresti e deportazioni di migranti, per cui Trump ha chiamato la Guardia Nazionale contro il parere del governatore della California, un evento con pochi precedenti e che secondo molti aveva il solo scopo di testare le acque o alzare il livello dello scontro. A New York i manifestanti si sono concentrati nel primo pomeriggio a Bryant Park, di fronte alla New York Public Library, e hanno sfilato sotto l’acqua per tutta la 5th Avenue, chiusa già dalla prima mattina.
Migranti, diritti civili e paura quotidiana
Nel mare di ombrelli colorati spuntano cartelli perlopiù irriverenti, molti dei quali legati ad altre questioni civili oggi sotto attacco, dall’aborto ai diritti LGBTQ+. Trump è rappresentato come un tiranno ridicolo, avido e incompetente, che trascina con sé nel baratro l’intera nazione. Non mancano i riferimenti alla Palestina e all'Iran, e all’ipocrisia del presidente su entrambi i fronti, anche se l'urgenza è tutta rivolta ai diritti dei migranti, che rappresentano circa il 40 per cento della popolazione newyorkese. Il tema qui è molto sentito, anche per la storia della città che da sempre è simbolo di accoglienza e nuove opportunità.
Oggi invece i raid dell’I.C.E. terrorizzano persino dentro gli uffici dell’immigrazione, con gli agenti mascherati che vengono a prendersi gli illegal aliens direttamente nelle aule di tribunale. Sugli autobus della città non è raro trovare appiccicati sopra le pubblicità dei manifesti con i consigli per difendersi in caso di cattura. "Siamo solo sogni che hanno attraversato un confine", recita il cartello ormai fradicio di una giovane donna dalla pelle scura.
La resistenza civile contro un potere che fa paura
Nel centro di Manhattan, dove Trump è ben noto anche come concittadino, si resiste con una marcia gioiosa che finalmente smuove il torpore in cui sembravano caduti gli statunitensi in questi primi sei mesi di presidenza, scanditi ogni giorno da mosse sempre più inaudite e pericolose per la democrazia. Quando però mi presento come una giornalista italiana in cerca di un commento, la gente preferisce non parlare, nemmeno con la garanzia dell'anonimato e della distanza di quasi settemila chilometri. "Troppo rischioso", mi dice una ragazza avvolta in una bandiera del Venezuela, Paese che la scorsa settimana è entrato nella lista di quelli da cui non si può più viaggiare verso gli Stati Uniti, nemmeno per turismo. "Non si sa mai", aggiunge. Una frase che oggi sembra essere entrata nei ragionamenti di molti residenti su suolo americano, che si stanno abituando pian piano a guardarsi le spalle e prestare qualche attenzione in più a quello che fanno, dicono, postano sui social.
Sono in molti a temere proprio questo: che la forza dell’abitudine renda normale ciò che non lo è. "Quando è stato eletto Trump per la seconda volta è stato uno dei giorni più brutti della mia vita", dice Emilia, studentessa universitaria del Maine. "Però poi devi andare avanti e decidere se disperarti o resistere". La convinzione è che finché si mantiene accesa la speranza, il re è nudo. Sfogliando i giornali della sera è infatti impossibile non notare il forte contrasto tra le 8 milioni di persone scese in piazza in tutti gli Stati Uniti contro il presidente e il prato semivuoto della parata che Trump ha voluto per il suo compleanno, dove ad assistere sono venute molte meno delle 200mila persone previste.
Per un istante questo contrasto si manifesta anche sulla 5th Avenue, quando appare un cappellino rosso più di eloquente di tutti gli altri outfit, seppur ricercati, della protesta. Lo indossa un vecchietto, insieme a una giacca con ricamati sopra due fucili incrociati e la scritta “Proud Infidel”. Con un pennarello ha cambiato l’ultimo 0 del "Trump 2020" sul cappello per renderlo "Trump 2024". Guarda disorientato e deluso la folla che gli sfila accanto, ignorandolo. Forse sperava in un qualche pretesto? Decide di tornare verso Bryant Park, mentre barbotta qualcosa fra sé e sé. Intanto l’America colorata, festante e multietnica procede per la sua strada nel suo serpentone interminabile urlando "This is what democracy looks like", "Questo è il volto della democrazia".
