Netanyahu dice che gli aiuti a Gaza ripartono solo per tenere buoni gli alleati: “Prenderemo tutta la Striscia”

Le intenzioni del governo israeliano per la Striscia di Gaza non sono cambiate, anzi: "Prenderemo il controllo di tutto il territorio", ha detto il premier Benjamin Netanyahu in un video pubblicato sui suoi profili social, in cui di fatto si è difeso dalle accuse arrivate dall'estrema destra di governo (in particolare dal ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir) dopo la decisione di far ripartire in parte gli aiuti umanitari a Gaza.
"Non cediamo, ma per riuscire bisogna agire in modo che non ci fermino", ha detto Netanyahu. Il riferimento è ai Paesi alleati, che nelle ultime settimane hanno aumentato le pressioni per riprendere l'ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, dove la situazione è drammatica. Israele deve impedire una carestia a Gaza, ha detto il premier, anche "per ragioni diplomatiche". Infatti, gli "amici" del governo israeliano non accetterebbero "immagini di carestia di massa".
In questi giorni Israele ha lanciato l'operazione Carri di Gedeone, che prevede l'ingresso nei territori palestinesi delle forze armate su larga scala. Israele "prenderà tutta Gaza, questo è ciò che faremo", ha detto Netanyahu, ribadendo che se nella Striscia parte una vera e propria carestia – non poi così diversa dalla situazione attuale – "non ci sosterranno". "I più grandi amici di Israele nel mondo", ha aggiunto gli avrebbero fatto sapere che c'è "una cosa che non possiamo tollerare. Non possiamo accettare immagini di fame, di fame di massa. Non possiamo tollerarlo. Non potremo sostenervi".
La pressione degli alleati sul governo, ha aggiunto, si sta "avvicinando a una linea rossa". Insomma, il rischio è che se non fossero ripartiti gli aiuti umanitari almeno in parte, i Paesi che sostengono Israele avrebbero ritirato il loro appoggio. "Vengono da me e mi dicono: ‘Vi daremo tutto l'aiuto di cui avete bisogno per vincere la guerra, ma non possiamo ricevere immagini della carestia'".
Netanyahu ha poi ribadito la versione israeliana: inizialmente l'ingresso degli aiuti umanitari era permesso, poi l'Idf ha scoperto che a gestirli era Hamas e li ha interrotti. Il risultato è che da mesi la popolazione, bombardata e isolata, non ha accesso a nuove scorte di acqua, cibo o medicinali. Ora Tel Aviv con gli Stati Uniti ha ideato un nuovo sistema che sia interamente supervisionato dall'esercito israeliano, ma "ci vorrà del tempo".
Al momento però i centri di distribuzione che nei piani del governo dovrebbero essere monitorati dall'esercito israeliano (Idf) non sono ancora pronti. Per questo motivo, fino a quando la nuova struttura di distribuzione degli aiuti – duramente criticata da diverse istituzioni internazionali – non sarà approntata, Israele dovrà concedere un minimo di aiuti umanitari. Non tanto per evitare che il numero di morti per fame aumenti ancora a dismisura, quanto per limitare i problemi diplomatici che ne conseguirebbero.
"Per ottenere la vittoria, dobbiamo in qualche modo risolvere il problema", ha concluso il premier. E la soluzione è l'annuncio di ieri. Che comunque parlava di aiuti "minimi", e non specificava né cosa sarà ammesso nella Striscia, né da quando esattamente.