L’ultimatum di Trump a Putin, l’esperto: “I dazi? Una barzelletta. Il vero strumento di pressione sono le armi”

Pur aumentando di parecchio la pressione su Mosca, gli Stati Uniti prendono una posizione più defilata e “europeizzano” il conflitto ucraino. Anche per mantenere aperta la porta a un futuro rilancio delle relazioni bilaterali con la Russia. Se le armi americane restano indispensabili, il ruolo dell’Europa diventa sempre più decisivo per il sostegno a Kiev. E la “nuova energia” recentemente dimostrata dai “volenterosi” ormai preoccupa Vladimir Putin. Parola di John Lough, accademico del New Eurasian Strategies Centre (NEST), intervistato da Fanpage.it. L’esperto minimizza la minaccia di dazi al 100 per cento contro il commercio russo definendola “una barzelletta”, e ritiene che l’unico mezzo di coercizione valido nei confronti del Cremlino sia la fornitura di armi a Kiev.
C’è da chiedersi se una volta tanto Donald Trump sarà coerente con quanto ha annunciato. Intanto concede a Putin ben 50 giorni per arrivare a una tregua, dandogli tutto il tempo di completare l’offensiva d’estate. Per l’andamento delle operazioni, conterà la rapidità dei nuovi rifornimenti a Kiev — oltre alla quantità e alla qualità degli armamenti promessi.

Dottor Lough, Putin ha frainteso Trump? Pensava che alla fine non intendesse sostenere l’Ucraina?
"Il presidente americano aveva addirittura sospeso le forniture di armamenti e di intelligence a Kiev. Facile fraintenderlo, dal punto di vista di Mosca. Ci si poteva aspettare un disimpegno completo. E forse sarebbe arrivato. Ma Putin non ha collaborato: non ha accettato il cessate il fuoco e un successivo negoziato. E ora Trump sembra aver riconosciuto una volta per tutte che l’Ucraina deve essere difesa".
Tutta qui la clamorosa novità preannunciata durante tutto il fine settimana?
"Non è una novità da poco. È il riconoscimento che con la Russia di Putin si deve usare il pugno di ferro. Per gli ucraini è estremamente importante. Soprattutto per il morale e la volontà di resistere. Le decisioni di Trump mantengono l’Ucraina nella lotta".
Se Trump non si disimpegna, comunque si defila: le armi americane per Kiev sarà l’Europa a pagarle e consegnarle. Quale è il gioco del presidente Usa?
"Sul piano interno, ha inteso rassicurare i repubblicani moderati sull’intenzione di contenere la Russia di Putin senza però far arrabbiare la sua base elettorale che non vuole siano spesi soldi per l’Ucraina. Si tratta anche di evitare di passare per un presidente debole. Sul piano internazionale, sta cercando di mantenere la porta aperta alla negoziazione bilaterale con Mosca per il rilancio dei rapporti politici ed economici sul piano globale".
Rapporti economici? Ma se minaccia dazi del 100 per cento contro la Russia tra 50 giorni in caso di mancato accordo sul cessate il fuoco?
"Questi dazi sono una barzelletta. I rapporti commerciali tra Russia e Usa sono minimi: tre miliardi e mezzo di dollari nel 2024. L’effetto sull’economia sarebbe scarso".
Anche se si tratta di sanzioni che colpiscono Paesi terzi che commerciano con Mosca?
"Non credo possano essere molto efficaci. Il vero strumento di pressione che Trump ha sono le armi. Gli Usa sono stati molto cauti sul tipo e sulla quantità di armi inviate all’Ucraina finora".
Tornando alla “europeizzazione” del sostegno all’Ucraina. Dallo Studio Ovale, Trump ha preso bene le distanze dicendo che tra Stati Uniti ed Europa c’è di mezzo un oceano, poi ha fatto una tirata su quanto l’Europa si sia dimostrata inaspettatamente forte nel sostegno all’Ucraina…
"Ha voluto chiarire che gli Stati Uniti stanno prendendo una posizione più defilata e che questa non è una guerra americana, ma europea. Riguarda popoli europei, anche se gli Usa sono solidali. Gli Stati Uniti non si assumeranno una piena responsabilità come in passato. E questa prospettiva, evidente da tempo, ha già galvanizzato gli europei".
In che modo il defilarsi degli Usa galvanizzerebbe l’Europa?
"Un esempio su tutti: la decisione della Germania di aiutare gli ucraini a produrre missili a lunga gittata in Ucraina è quanto mai coraggiosa ed utile per Kiev. Il governo Scholz non agiva certo con questa determinazione. C’è stato un lungo periodo in cui i leader europei pensavano che la Russia sarebbe rimasta senza energie e avrebbe voluto negoziare e chiudere il conflitto. Era in particolare la visione di Scholz: a un certo punto Mosca dovrà trattare, pensava. Basta dare agli ucraini solo il minimo per arrivare al tavolo negoziale. Non era certo pronto a scommettere su una vittoria contro la Russia".
Perché, ora l’Europa scommette su una vittoria della Russia?
"No. Ma non è questo il punto. L’Europa, parlo della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, è oggi sorprendentemente unita nel patrocinio dell’Ucraina. Si percepiscono una nuova motivazione e più energia: al summit della NATO i leader europei hanno capito che, per mantenere gli Usa a bordo, si devono fare cose fino a poco tempo fa impensabili. Come investire nella difesa a livelli che saranno davvero molto dolorosi per cittadini e governanti".
E che risultati si aspetta da questa “nuova energia” europea?
"Assumendo che gli ucraini vogliano continuare a combattere, comunque un giorno i combattimenti recederanno. I russi necessiteranno di una pausa quanto Kiev. Pur con tutti i problemi di politica interna dei Paesi membri, ritengo che l’Ue sarà ancora lì a fornire altro sostegno importante. Non ultimo quello di cercare di allineare l’Ucraina ai parametri necessari per fare progressi nelle trattative per l’adesione all’Unione".
Putin non se l’aspettava, tutta questa energia. La narrazione ufficiale di Mosca è che l’Europa è debole, divisa, codarda, moralmente decadente. Praticamente inesistente. Ma non è che a Putin ora l’Europa comici a fare un po’ paura?
"Il presidente russo ha subito più di una delusione. Innanzitutto, non ha mai creduto che questa guerra sarebbe durata così a lungo. Poi, ha sottovalutato la determinazione degli europei e la loro simpatia per l’Ucraina. Di certo non credeva che Finlandia e Svezia avrebbero scelto così rapidamente di entrare nella NATO, rilanciando l’Alleanza. Inoltre, Putin pensava che i canali politici russi presenti in diversi Paesi europei avrebbero rallentato il processo di trovare posizioni comuni. È successo in Ungheria e in Slovacchia. Non a Berlino e a Parigi. Per non parlar di Londra, che dall’Ue è fuori. L’Europa, nonostante tutte le esitazioni e i processi decisionali lenti e dolorosi, ha trovato determinazione. Putin non se l’aspettava. E probabilmente inizia ad avere qualche timore".
L’invio a Kiev di nuovi Patriot e di armi offensive allungherà o accorcerà la guerra?
"Dipende da molte variabili. Tra queste, i tempi di consegna, la qualità e la quantità di queste armi e le regole di utilizzo. Putin conta molto sull’offensiva d’estate. Se le aspettative risultassero anche solo in parte deluse, dovrà riconsiderare molte cose. I nuovi rifornimenti a Kiev poterebbero avere un peso. Ma la Russia può comunque permettersi di continuare a combattere a lungo. La guerra andrà avanti ancora per molto tempo".
Alcuni dei propagandisti di punta del Cremlino nei giorni scorsi sostenevano che se Trump avesse deciso quel che ha poi deciso si sarebbe andati verso un conflitto nucleare. C’è da aver paura?
"Beh, se usiamo quell’argomento, allora saremmo arrivati ad Armageddon già venti o trenta volte, da quando gli Stati Uniti hanno iniziato a fornire aiuti. Difficile vedere perché la situazione sia ora cambiata così radicalmente".