Israele vuole imprigionare 2,1 milioni di palestinesi in una piccola area nel sud di Gaza

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato l’intenzione di deportare l’intera popolazione palestinese della Striscia di Gaza in una piccola area nel sud del territorio, suscitando una nuova ondata di critiche e accuse di gravi violazioni gravi del diritto internazionale.
Secondo quanto riportato dai media israeliani, Katz ha ordinato alle forze armate dello stato ebraico di preparare un piano dettagliato per spostare progressivamente i 2,1 milioni di palestinesi verso una cosiddetta "città umanitaria" costruita sulle rovine della città di Rafah. Il progetto prevede inizialmente l’accoglienza di circa 600mila persone, che sarebbero sottoposte a controlli di sicurezza per verificare eventuali legami con Hamas, prima di essere imprigionate nel campo senza possibilità di uscita.
Il piano, che potrebbe iniziare durante una finestra di cessate il fuoco di 60 giorni in fase di negoziazione con Hamas, è stato immediatamente condannato da esponenti della società civile israeliana e internazionale, oltre che rifiutato dai palestinesi. L’avvocato per i diritti umani Michael Sfard lo ha definito senza mezzi termini "un piano operativo per un crimine contro l’umanità". "Si tratta di un trasferimento forzato della popolazione verso l’estremo sud della Striscia, in preparazione a una futura deportazione fuori da Gaza", ha dichiarato Sfard al Guardian. "È una palese violazione del diritto internazionale umanitario".
Anche le Nazioni Unite hanno avvertito che la deportazione o il trasferimento forzato della popolazione civile di un territorio occupato rappresenta una grave violazione del diritto internazionale, equivalente a un atto di pulizia etnica.
La proposta israeliana sembra in linea con le visioni espresse in passato dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, secondo il quale Gaza, nel dopoguerra, dovrebbe essere affidata alla supervisione americana, con il reinsediamento della popolazione palestinese in Paesi terzi. La Striscia, secondo i piani di Washington, dovrebbe diventare la "riviera del Medio Oriente", una località turistica con resort di lusso costruiti, letteralmente, sui cadaveri di decine di migliaia di palestinesi.

Questa prospettiva è stata fermamente respinta dai Paesi arabi, che a marzo hanno sostenuto un piano alternativo da 53 miliardi di dollari proposto dall’Egitto per la ricostruzione di Gaza, che prevede la permanenza della popolazione palestinese nei propri territori. In una dichiarazione congiunta, gli Stati arabi hanno ribadito il loro "rifiuto categorico di qualsiasi forma di trasferimento del popolo palestinese", definendolo "una grave violazione del diritto internazionale, un crimine contro l’umanità e un atto di pulizia etnica".
Secondo i palestinesi il piano israeliano rappresenta una nuova "Nakba" – la "catastrofe" del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono espulsi dalle loro terre durante la guerra che seguì alla creazione dello Stato di Israele. Oggi, circa tre quarti della popolazione di Gaza è composta da rifugiati o loro discendenti, secondo i dati ONU. Altri milioni vivono in esilio in Giordania, Libano, Siria e Cisgiordania.