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Diventare ostetriche in Uganda: “A Kalongo donne e ragazze studiano per cambiare il loro destino”

A Kalongo, in Uganda, esistono un ospedale e una scuola di ostetricia che da decenni si occupano di garantire cure e formazione agli uomini e alle donne del Paese. A Fanpage.it parlano Giovanna Ambrosoli, presidente della Fondazione omonima e nipote del missionario padre Ambrosoli, fondatore delle due strutture, e suor Carmel Abwot, direttrice della scuola: “Insegniamo alle donne un mestiere per educare l’intero Paese”.
A cura di Eleonora Panseri
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Studentesse della scuola di ostetricia di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.
Studentesse della scuola di ostetricia di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.

In una zona remota del Nord dell'Uganda, vicino al confine con il Sud Sudan, esistono un ospedale e una scuola di ostetricia che da decenni si occupano di garantire cure e formazione agli uomini e alle donne del Paese.

Il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital e la St. Mary’s Midwifery Training School di a Kalongo hanno infatti una lunga storia. Sono stati fondati alla fine degli anni '50 dal chirurgo e missionario comboniano padre Giuseppe Ambrosoli, proclamato Beato da Papa Francesco nel 2020.

La statua di padre Ambrosoli, proclamato Beato nel 2020 – Foto Fondazione Ambrosoli.
La statua di padre Ambrosoli, proclamato Beato nel 2020 – Foto Fondazione Ambrosoli.

"Mio zio ha dedicato la sua intera vita alle persone più vulnerabili. – racconta a Fanpage.it Giovanna Ambrosoli, presidente della Fondazione che porta il suo nome – Dopo la laurea in Medicina e la specializzazione in Malattie tropicali, è arrivato a Kalongo, dove è rimasto fino alla fine dei suoi giorni".

"Nel 1957 ha fondato l'ospedale e nel '59 la scuola, dopo aver visto molte madri morire durante il parto. A quel punto decise che fosse determinante non solo prendersi cura di queste donne, ma insegnare loro un mestiere e trovare un modo per promuovere l'emancipazione femminile. Questo è l'obiettivo della scuola".

Le due strutture fondate da padre Ambrosoli sono "un segno di speranza, una luce nel buio per i pazienti e per le ragazze", conferma a Fanpage.it suor Carmel Abwot, direttrice della scuola di ostetricia.

La presidente Giovanna Ambrosoli insieme a Suor Carmel Abwot, direttrice della scuola di ostetricia di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.
La presidente Giovanna Ambrosoli insieme a Suor Carmel Abwot, direttrice della scuola di ostetricia di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.

"Da noi le studentesse trovano un modo per emanciparsi, in un contesto dove spesso sono oppresse. Con l'educazione possono trovare un nuovo scopo nella vita, sostenersi e sostenere economicamente le loro famiglie", aggiunge.

A suor Carmel chiediamo di raccontarci una storia che le è rimasta nel cuore. Con un grande sorriso ci spiega: "Abbiamo tante storie di successo ma ne voglio ricordare una in particolare, quella di una ragazza che è arrivata da noi tempo fa. Non aveva più nessuno, era sola al mondo".

"Prima ha preso il certificato e poi il diploma di ostetrica (il percorso previsto dalla scuola si sviluppa infatti in questi due percorsi, ndr). Oggi è diventata una dottoressa", ricorda orgogliosa.

Personale sanitario a Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli
Personale sanitario a Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli

"Molte delle ragazze arrivano da contesti davvero svantaggiati e hanno un livello di educazione molto basso. Non è scontato che riescano a diventare dottoresse", precisa Ambrosoli.

Come ci raccontano le due donne, l'ospedale si trova nel mezzo del nulla, in un'area molto remota del Paese. Nelle vicinanze non ci sono centri urbani. E anche Kalongo, dice la presidente, "è praticamente un villaggio".

"Abbiamo tantissime difficoltà legate alle infrastrutture e alle comunicazioni. – continua suor Carmel – Le strade e i trasporti rendono la situazione davvero complessa. Riceviamo richieste di aiuto dalle madri e spesso capita che quando riusciamo a raggiungerle hanno più complicazioni di quelle che ci aspettavamo".

Foto Fondazione Ambrosoli.
Foto Fondazione Ambrosoli.

Questo contesto permette anche a tanti medici italiani di trascorrere periodi di formazione a Kalongo, come ci racconta la presidente Ambrosoli: "All'inizio era molto difficile trovare persone che fossero disposte a fare questo tipo di percorso, ma di recente abbiamo creato degli accordi con università e ospedali".

"Qui arrivano specializzandi che trascorrono un periodo di diversi mesi da noi, nell'ultimo anno abbiamo ospitato decine di giovani dottori. Molti si occupano di Pediatria, altri di Medicina d'emergenza-urgenza. È bellissimo sentire le loro storie quando tornano a casa, la descrivono sempre come un'esperienza incredibile".

I ragazzi si trovano a confrontarsi con le mille possibilità, tra farmaci, esami e trattamenti, che hanno a disposizione in Italia e quello che invece si può fare a Kalongo: "Le risorse qui sono limitate quindi devono riuscire a bilanciare ogni cosa, a trovare soluzioni alternative in assenza di mezzi".

Pazienti dell’ospedale di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.
Pazienti dell’ospedale di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.

Un altro aspetto interessante, che sottolinea suor Carmel, è quello della "grande condivisione" tra i medici italiani e quelli locali: "Imparano davvero tanto l'uno dall'altro".

Molti dei casi che arrivano in ospedale sono infatti casi di emergenza, ci spiegano. Le cure per queste situazioni così complesse richiedono una grande professionalità e sono anche molto costose. Così come quelle per la cura e la prevenzione dell'HIV. 

A marzo a Kalongo è arrivata la conferma della sospensione immediata degli aiuti finanziari messi a disposizione da USAid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. A fine gennaio il presidente Donald Trump ha deciso di congelare il 92% dei finanziamenti destinati a programmi esteri, per un totale di 60 miliardi di dollari.

"L'ospedale è stato finanziato dal programma Usaid per più di 15 anni, circa il 22/23% delle entrate annuali provenivano da lì, destinate alle persone affette da HIV e da patologie annesse, per la prevenzione neonatale, e per curare malattie infettive, come malaria e tubercolosi. Questi tagli hanno avuto un impatto importante", spiega Ambrosoli.

Giovanna Ambrosoli insieme a bimbi e personale medico a Kalongo –Foto Fondazione Ambrosoli
Giovanna Ambrosoli insieme a bimbi e personale medico a Kalongo –Foto Fondazione Ambrosoli

"I fondi sono stati interamente cancellati e ora tutto ciò che potevamo permetterci di acquistare grazie al programma è completamnete a carico dell'ospedale. Grazie allo Usaid seguivamo più di 3mila pazienti".

E aggiunge: "A giugno il personale medico ci ha detto che che centinaia di persone sono state costrette ad abbandonare il programma, le cure, i test e gli screening che facevamo regolarmente nelle comunità non sono più sostenibili. Stiamo cercando come Fondazione di sostenere i costi autonomamente però è veramente difficile".

L'HIV può essere contratto anche durante la gravidanza, il parto o l'allattamento. Per questo il trattamento per le prevenzione neonatale deve essere somministrato tempestivamente e per diverso tempo.

Uno dei piccoli pazienti di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.
Uno dei piccoli pazienti di Kalongo – Foto Fondazione Ambrosoli.

I recenti tagli, però, "hanno influenzato profondamente la prevenzione neonatale, a rischio ci sono i bambini che non possono più essere seguiti", conferma Abwot.

Quando chiediamo a suor Carmel perché l'ospedale e la scuola sono così importanti per le comunità del posto, lei risponde: "La maggior parte le nostro staff viene da lì, da quelle realtà. In questo modo è più facile comunicare con i pazienti e far capire loro che è possibile cambiare la loro vita".

Sia l'ospedale che la scuola di ostetricia di Kalongo sono riconosciute dal Governo ugandese. La scuola è una delle migliori del Paese e forma una media di 50 ostetriche all'anno.

Foto Fondazione Ambrosoli
Foto Fondazione Ambrosoli

"Appena concluso il percorso di formazione nella scuola, le nostre studentesse iniziano a lavorare nell'ospedale, a contatto con le persone che vengono dalle loro stesse comunità. – aggiunge suor Carmel – Così mostrano ad altre donne e ragazze che è possibile essere emancipate, istruite, competenti e che possono aiutare gli altri".

"Educare una donna significa educare l'intero Paese. L'ospedale è davvero una fonte di speranza per chi vive qui e quello che la Fondazione sta facendo è incredibile perché cerca di mantenere vive queste realtà che hanno un impatto reale sulle persone".

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