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Covid 19

Covid, in Germania meno morti: perché il modello Merkel funziona tra tamponi e terapie intensive

La Germania è stata tra i Paesi meno colpiti dalla prima ondata di Coronavirus, riuscendo inoltre a contenere in parte i contagi e, soprattutto, i decessi anche nella seconda ondata. Il modello messo in campo dalla cancelliera Angela Merkel funziona grazie ai tanti test effettuati, agli investimenti in sanità e all’aumento delle terapie intensive.
A cura di Stefano Rizzuti
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La seconda ondata di Covid-19 ha travolto praticamente tutti i Paesi europei. Non fa eccezione la Germania, uscita quasi indenne dalla prima ondata. Ma Berlino resta un modello in gran parte da seguire, con un numero di contagi e, soprattutto, di decessi, ancora inferiore a Italia, Francia, Spagna e Regno Unito. Nelle ultime 24 ore sono stati superati i 23mila contagi, con 218 morti. I casi totali sono meno di 800mila e i morti circa 12.500. Numeri diversi da quelli degli altri grandi paesi europei. Sono circa 140 le nuove infezioni ogni 100mila abitanti nell’ultima settimana, con un tasso di contagio non preoccupante, intorno allo 0,9. Con il lockdown soft varato nelle scorse settimane che, comunque, non basta. Tanto che per il direttore dell’istituto Robert Koch, Lothar Wieler, il “numero dei casi e dei morti è destinato a salire”.

La Germania è uscita bene dalla prima ondata (e non sta soffrendo troppo la seconda) grazie a una serie di motivi, riassunti dal Corriere della Sera. Innanzitutto l’alto numero di test, ma anche l’efficienza di molte strutture sanitarie e dei tracciatori. Oltre, probabilmente, alla leadership di Angela Merkel, sempre più apprezzata e seguita dai cittadini. In Germania l’epidemia è arrivata dopo rispetto ad altri Paesi come l’Italia. I casi fino a maggio erano stati 180mila, con poco più di 8.500 morti. Ma la seconda ondata è arrivata subito e già il 15 ottobre è stato superato il picco di aprile con oltre 6mila casi. Poi diventati quasi 15mila dieci giorni dopo, arrivando sopra i 20mila il 6 novembre. Superando anche i 200 morti al giorno.

Il modello Germania: più tamponi e più terapie intensive

La curva però ora rallenta. E diminuiscono i decessi, che sono meno che in altri Paesi. La Germania ha fatto da subito più tamponi degli altri: a marzo erano 160mila a settimana, a maggio erano diventati 400mila. Con una maggiore capacità di individuare subito i malati. A ottobre i test sono diventati più di un milione a settimana, oggi sono 1,6 milioni. Con un tasso di positivi sul totale dei tamponi sotto il 7%. Non ci sono solo i tanti test effettuati, ma anche tante strutture ospedaliere, spesso molto efficaci. In Germania gli ospedali sono 1.925, con 500mila posti letto. Le terapie intensive erano già 28mila a inizio epidemia, ora sono circa 40mila, di cui circa 30mila con respiratori. Ora i pazienti in terapia intensiva sono 3.300, di cui 1.800 che necessitano di supporto respiratorio.

Anche negli ospedali tedeschi, però, c’è un problema di carenza di personale, soprattutto in alcuni Lander. Tanto che in alcune zone il personale in pensione è stato richiamato al lavoro e sono state rinviate le operazioni non urgenti. A funzionare, poi, è anche il sistema di tracciamento, basato molto sul corrispettivo delle nostre Asl. Fondamentali per questa fase, con una presenza capillare sul territorio, soprattutto per raccogliere i dati e tracciare i contagi. Ci lavorano quasi 23mila persone. Ma anche in Germania si iniziano a sentire i primi segnali di difficoltà nel tracciamento dei contagi.

Il lockdown soft varato da Merkel

Anche in Germania i Lander, un corrispettivo delle nostre Regioni, sono spesso andati in ordine sparso. Nel vertice di metà ottobre con il governo non è arrivata una proposta convidivsa. Così la cancelliera Merkel ha deciso da sola e due settimane dopo ha imposto il lockdown soft, in vigore fino a fine mese. Sono chiusi bar, ristoranti, palestre, piscine, teatri, cinema, centri estetici. Vietate le riunioni private con più di 10 persone, per un massimo di due famiglie. Sospesi anche gli eventi di massa. Le mascherine sono obbligatorie all’aperto dove ci sono affollamenti. Ma scuole e asili nido sono rimasti aperti. Gli effetti di queste misure, però, finora sono arrivati solo in parte. Anche se il numero di decessi resta molto più basso del resto d’Europa.

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