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Perché il costo dell’argento è salito alle stelle e cosa c’entra la corsa globale al riarmo

L’argento ha più che raddoppiato il suo valore in un anno spinto da deficit strutturali, domanda industriale e riarmo globale. Un’analisi del professor Alessandro Giraudo sulle cause del rally e sugli effetti per i cittadini comuni.
Intervista a Alessandro Giraudo
Docente di Geopolitica delle materie prime e gestione dei rischi all’INSEEC di Parigi e al Politecnico di Torino.
A cura di Davide Falcioni
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Missili, satelliti, sistemi elettronici militari, ma anche pannelli solari e dispositivi medicali: l’argento è ovunque nelle tecnologie chiave del nostro tempo. Ed è anche per questo che il suo prezzo è esploso. Dall’inizio dell’anno le quotazioni dell’argento sono salite di circa il 120 per cento, superando i 66 dollari l’oncia. Un aumento che non ha precedenti recenti e che riflette un cambiamento profondo negli equilibri globali.

In un contesto di riarmo diffuso e tensioni geopolitiche crescenti, l’argento sta assumendo un ruolo sempre più strategico. È un metallo insostituibile per garantire affidabilità e sicurezza a sistemi militari e spaziali sottoposti a condizioni estreme. Allo stesso tempo, però, la produzione non riesce a crescere con la stessa velocità della domanda: le miniere sono poche, concentrate in aree geopoliticamente sensibili e sempre meno produttive.

Il risultato è un mercato in tensione, con stock che si riducono e prezzi che salgono. Ma cosa significa tutto questo per le persone comuni? L’argento diventerà un bene sempre meno accessibile, come è già accaduto con l’oro? E quali rischi comporta questa nuova centralità strategica? A queste domande risponde Alessandro Giraudo, professore di Geopolitica delle materie prime e gestione dei rischi all’INSEEC di Parigi e al Politecnico di Torino nonché autore, per ADD editore, di “Storie straordinarie delle Materie Prime” (1 & 2) e “Quando il ferro costava più caro dell’oro”.

Professore, l’argento ha registrato un rialzo impressionante dall’inizio dell’anno. Quali sono le ragioni principali di questa impennata delle quotazioni?

I numeri sono effettivamente molto importanti. Dall’inizio dell’anno il prezzo dell’argento è passato da circa 30 dollari l’oncia a oltre 66 dollari, quindi parliamo di un rialzo intorno al 120 per cento in un anno. È una crescita molto più rapida di quella dei corsi dell’oro. Un indicatore chiave è il rapporto oro/argento: a inizio anno servivano circa 100 once d’argento per acquistare un’oncia d’oro, oggi ne bastano circa 65. Questo significa che l’argento si sta apprezzando molto più velocemente dell’oro. Alla base di questo movimento non c’è solo la speculazione, ma un problema strutturale: siamo al quinto deficit annuale consecutivo tra domanda e offerta a livello globale.

Cosa significa, in termini concreti, questo deficit strutturale?

Significa che ogni anno il mondo consuma più argento di quanto ne produca. L’offerta mineraria globale è di circa 820 milioni di once all’anno. Di queste, solo un quarto proviene da miniere di argento “pure”. Il restante 75 per cento è estratto come sottoprodotto di miniere di altri metalli, in particolare piombo, zinco, rame e stagno. A questa produzione primaria si aggiunge il riciclo, che vale circa 195 milioni di once, provenienti da argenteria dismessa, rifiuti elettronici, componenti industriali. Anche sommando tutto, però, arriviamo a poco più di un miliardo di once (1.120 milioni di once), mentre la domanda complessiva supera abbondantemente il miliardo di once. La differenza viene colmata attingendo agli stock, che quindi si riducono anno dopo anno.

Da dove arriva una domanda così elevata e persistente?

Più della metà della domanda è industriale, ed è questo l’aspetto spesso sottovalutato. L’argento non è solo un metallo prezioso da investimento, ma un metallo industriale strategico. È fondamentale per la produzione di pannelli solari, perché le celle fotovoltaiche utilizzano argento per garantire efficienza e durata. È centrale nell’elettronica avanzata: microchip, circuiti stampati, contatti ad alta sicurezza. Entra nelle batterie speciali, come le argento-zinco, impiegate nel settore spaziale e aeronautico. È un catalizzatore essenziale in diversi processi chimici industriali. Inoltre, in ambito medico, continua a essere utilizzato per le sue proprietà antibatteriche. Tutto questo rende la domanda molto rigida: non si può ridurre facilmente senza impattare settori chiave dell’economia.

 Un capitolo sempre più rilevante è quello militare. Quanto pesa il riarmo globale sulla domanda di argento?

Pesa in modo crescente e strutturale. Viviamo in una fase di forte aumento della spesa militare globale, legata a tensioni geopolitiche ormai croniche: il conflitto in Ucraina, il confronto strategico tra Stati Uniti e Cina, le crisi in Medio Oriente, la crescente militarizzazione dello spazio. Tutti questi ambiti richiedono tecnologie avanzate e componenti elettronici estremamente affidabili. L’argento è cruciale perché garantisce la migliore conducibilità elettrica e una stabilità superiore in condizioni estreme. I contatti elettronici, spesso realizzati in rame, vengono rivestiti d’argento per assicurare affidabilità nel tempo.

Una fabbrica di missili
Una fabbrica di missili

Ci può fare qualche esempio concreto dell’uso dell’argento nei sistemi militari?

Certamente. Un piccolo missile può contenere circa 500 grammi di argento, mentre un grande missile, anche intercontinentale, può arrivare a contenerne fino a 15 chilogrammi. Se consideriamo i programmi di ammodernamento e di produzione di nuovi sistemi d’arma in corso in molti Paesi, capiamo subito come la domanda possa crescere rapidamente. Inoltre, l’argento è essenziale nei sistemi satellitari militari e dual-use, cioè civili e militari, che devono resistere a forti accelerazioni, vibrazioni, sbalzi termici estremi e all’esposizione ai raggi cosmici. In questi contesti non esistono alternative tecnologiche equivalenti a costi comparabili.

Questo rende l’argento una materia prima strategica anche dal punto di vista geopolitico?

Senza dubbio. L’argento sta diventando una materia prima strategica a tutti gli effetti, perché è indispensabile per settori critici: difesa, spazio, transizione energetica, elettronica avanzata. La sua sostituibilità è molto limitata. Questo significa che eventuali problemi di approvvigionamento possono avere ricadute immediate sulla sicurezza nazionale e sulle capacità industriali di un Paese. Non è un caso che sempre più governi e grandi gruppi industriali lo considerino una risorsa critica, al pari di altre materie prime strategiche.

 Dove si concentra oggi la produzione mondiale di argento?

In pochissimi Paesi. Il primo produttore mondiale è il Messico, seguito da Perù e Cina. Poi troviamo Russia, Polonia e Cile. In pratica, gran parte dell’argento mondiale proviene dall’America Latina, in particolare dalla regione andina, e dalla Cina. Questa concentrazione geografica comporta rischi geopolitici evidenti… Le racconto un aneddoto.

Una miniera in Cina
Una miniera in Cina

Prego.

Di recente ero a Zurigo a una conferenza internazionale sul settore minerario e il clima tra gli operatori era molto chiaro: c’è una forte preoccupazione sulla capacità del settore di rispondere all’aumento della domanda di argento. Parlavo con dirigenti di diverse società minerarie e tutti confermavano lo stesso punto: il tenore medio delle miniere continua a scendere. Quarant’anni fa il tenore medio di una miniera d’argento era intorno ai 600 grammi per tonnellata di terra estratta, oggi siamo scesi a circa 200 grammi, e in alcuni casi si lavora con tenori di 50 grammi o anche meno.

E questo cosa comporta?

Che per estrarre la stessa quantità di argento bisogna scavare molto di più, investire di più e sostenere costi energetici più elevati. È uno dei motivi per cui, anche con prezzi così alti, le miniere non riescono ad aumentare rapidamente la produzione. A Zurigo questo punto era condiviso da tutti: il problema dell’argento non è solo la domanda in crescita, ma il fatto che l’offerta è strutturalmente lenta e sempre più costosa.

Quanto pesa la componente finanziaria e speculativa in questa fase?

Pesa in modo significativo. Il forte rialzo dei prezzi dell’oro ha spinto molti investitori istituzionali e privati a cercare un’alternativa relativamente più accessibile, e l’argento è apparso sottovalutato in termini relativi. Questo ha generato una domanda finanziaria aggiuntiva che si è sommata a quella industriale e militare. In alcuni momenti il mercato fisico è entrato in forte tensione, soprattutto a Londra, dove esiste un mercato di prestito dell’argento. I tassi per ottenere argento fisico sono saliti fino al 7,5–8 per cento annuo, con picchi oltre il 35 per cento. Sono segnali tipici di scarsità fisica.

Che prospettive di prezzo vede nei prossimi anni?

Le previsioni più accreditate parlano di un argento che potrebbe avvicinarsi ai 100 dollari l’oncia entro il 2030, forse anche oltre. È chiaro che ci saranno fasi di correzione, ma il trend di fondo resta sostenuto da un deficit strutturale che non può essere corretto rapidamente.

Quali saranno le conseguenze per le famiglie e per il mercato “tradizionale” dell’argento?

Per le famiglie questo significa prezzi più alti e maggiore volatilità. Gioielleria, argenteria e piccoli investimenti diventeranno progressivamente più costosi. L’argento rischia di seguire un percorso simile a quello dell’oro, diventando meno accessibile per il consumo quotidiano e sempre più orientato a usi industriali, tecnologici e strategici. Questo non vuol dire che scomparirà dal mercato, ma che il suo ruolo cambierà, con un peso crescente dei grandi utilizzatori industriali rispetto ai consumatori finali, ovvero i cittadini comuni.

In questo contesto, c’è il rischio che gli Stati possano intervenire sull’argento detenuto dai cittadini?

Storicamente ci sono stati precedenti, soprattutto sull’oro durante le guerre mondiali, ma sempre in contesti eccezionali e con misure coercitive. È uno scenario teoricamente immaginabile, ma estremamente complesso dal punto di vista politico, sociale e operativo. Senza coercizione è difficile pensare che i cittadini consegnino volontariamente l’argento. Più realisticamente, assisteremo a una crescente competizione globale per l’argento, con effetti soprattutto sui prezzi e sull’accessibilità per il mercato civile.

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