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Coniugi uccisi a Palagonia, c’è un secondo indagato: è un 23enne maliano

E’ il proprietario della bicicletta utilizzata dal presunto autore del duplice delitto dei coniugi Solano: la sua posizione è stata chiarita ma risulterebbe ancora iscritto nel registro degli indagati “come atto dovuto” fanno sapere dalla Procura di Caltagirone.
A cura di Biagio Chiariello
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Nell'inchiesta sul duplice omicidio di Vincenzo Solano, 68 anni, e di sua moglie, Mercedes Ibanez, di 70, avvenuto il 30 agosto nella loro villa a Palagonia, in provincia di Catania, emerge il nome di un nuovo indagato. E' quello di un maliano di 23 anni, Mouhamed Camara, proprietario della bicicletta utilizzata dal presunto autore del delitto, l'ivoriano Mamadou Kamara, 18 anni, detenuto anche per violenza sessuale sulla donna. Entrambi erano ospiti del centro di accoglienza di Mineo. Va comunque precisato che l’iscrizione nel nome nel registro degli indagati da parte della Procura di Caltagirone risulta allo stato attuale come atto dovuto. Sulla sua bicicletta Kamara sarebbe stato ripreso dalle telecamere del circuito di videosorveglianza nei pressi di Villa Solano, proprio la notte del delitto. Proprio per questo motivo Camara era stato il primo sospettato interrogato dalla polizia di Stato che lo aveva pure interrogato per una presunta telefonata intercorsa tra i due migranti. Il fermo poi non è scattato. Il capo della procura Giuseppe Verzera comunque non ha mai escluso la partecipazione all'efferato omicidio di complici esterni che avrebbero indicato la villa da svaligiare.  "Il quadro accusatorio al momento resta inalterato", ha precisato il magistrato.

Le accuse nei confronti di Kamara

Attualmente l'ivoriano Mamadou Kamara, incensurato, è detenuto per omicidio, rapina e violenza sessuale, come confermato dall’autopsia sul corpo della 70enne. Il 18enne continua a dirsi innocente e ha sostenuto la tesi di aver trovato in un cassonetto dei rifiuti il borsone con dentro pc, videocamera e cellulare grazie al quale i carabinieri sono risaliti all’omicidio. Che ci faccio qui?”, avrebbe chiesto il 18enne, aggiungendo: “Voglio tornare a casa”, ha poi detto agli inquirenti. “La scena del delitto è raccapricciante. C’è sangue dappertutto, e ciò testimonia un indole criminale spiccata da parte del 18enne. Ritengo che gli elementi siano talmente gravi a suo carico, che in breve tempo riusciremo a portarlo a una sentenza di condanna”, aveva affermato Verzera, che non aveva escluso eventuali complicità: “L’ipotesi che vi possano essere persone di nazionalità italiana che abbiano detto al migrante che in quella casa poteva esserci un ‘tesoretto’ è al vaglio degli inquirenti”.

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