Turetta, il processo d’appello si farà: la Procura vuole aggravanti di crudeltà e stalking

Il processo d’appello per Filippo Turetta si farà nonostante la rinuncia a ricorrere in secondo grado da parte dell’imputato per il femminicidio di Giulia Cecchettin. La Procura generale di Venezia infatti ha deciso di non rinunciare alla possibilità di ricorrere contro la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’assise nel dicembre scorso. Una decisione che era nell’aria già da tempo e che mira ad aggravare la situazione del condannato. "Noi in appello ci saremo", aveva spiegato infatti Sefano Ancilotto, procuratore facente funzione di Venezia.
La procura veneziana vuole per Turetta le aggravanti della crudeltà e dello stalking che erano state escluse in primo grado con grande rammarico dell’accusa ma anche della parte civile rappresentata dalla famiglia di Giulia Cecchettin. Aggravanti che cambieranno però poco la pena per il giovane, già condannato alla massima pena de nostro ordinamento: l’ergastolo.
A questo punto potrebbe essere confermata l’udienza che era sta già fissata per il prossimo 14 novembre in Corte d’Assise d’Appello e che era finita in forse dopo la lettera di Filippo Turetta con cui nei gineri scorsi ha annunciato la rinuncia all’appello. Nella missava, il detenuto ha scritto di volersi “assumere la piena responsabilità” e di pentirsi “ogni giorno dal profondo del cuore”.
Una scelta che aveva sorpreso i legali della famiglia di Giulia e che apre le porte ora a un processo in cui le parti di affronteranno da un punto di vista più espressamente tecnico legale. L’imputato infatti ha già chiarito che non ha intenzione di cambiare nessuna delle sue precedenti affermazioni e così tutto girerà attorno alla richiesta delle aggravanti che per l’accusa dovrebbero essere concesse in base a quanto già emerso e ricostruito dalle indagini.
I pm avevano già avanzato la stessa richiesta in primo grado, sottolineando le 76 coltellate inferte a Giulia Cecchettin, in tre luoghi diversi e nell’arco di diversi minuti, ricostruendo anche il comportamento del 22enne nelle settimane precedenti il delitto, definito come un comportamento ossessivo e di controllo. Una richiesta condivisa pienamente dai legali della famiglia di Giulia secondo i quali avrebbe un valore sia simbolico che giuridico.