Tra i giocattoli spunta la bambola “Down”, è polemica tra favorevoli e contrari

Da qualche settimana sugli scaffali dei negozi di giocattoli italiani è approdata una bambola molto particolare che sta facendo discutere non poco. Il giocattolo si chiama "Baby Down" e come si può intuire dal nome rappresenta un bebè con la sindrome di down. Messa in commercio per la prima volta nel 2009 da un’azienda spagnola di giocattoli, la Super Juguete, insieme alla Fundacion Down Espana, in occasione del periodo natalizio è arrivata anche nel nostro Paese innescando una serie di dibattiti online tra favorevoli e contrari all'iniziativa. Con occhi allungati, dita dei piedi distanziate e lingua di fuori , la bambola cerca di rappresentare i tratti somatici tipici dei bambini down ma soprattutto ha lo scopo dichiarato di combattere i pregiudizi sulla disabilità e diffondere il rispetto delle diversità.
Del resto anche l'arrivo in Italia è dovuto ad una cooperativa sociale bolognese, “Il Martin Pescatore”, che si è occupata della sua distribuzione dando lavoro a persone con disturbi psichici, e il ricavato delle vendite andrà a finanziare altre due associazioni di familiari di persone con disabilità genetica. Eppure dopo la diffusione di alcune immagini online sono state tantissime le critiche piovute sulla "Baby Down". “Senza parole. Che tristezza, Dove andremo a finire?”, sono solo alcuni dei commenti apparsi in rete contro la bambola che nella confezione fornisce anche alcuni semplici indicazioni sulle attività più indicate per stimolare le capacità sensoriali e intellettive dei bambini con sindrome di Down.
Una critica più costruttiva è arrivata invece da Iacopo Mielo, ragazzo disabile e animatore della onlus #vorreiprendereiltreno. “Sono stati inventati i Ciccio bello con la pelle scura e le Barbie in sedia a rotelle, non vedo perché dovrebbe essere amorale proporre una bambola con tratti somatici che indichino una diversa diversità” spiega Mielo, detto questo però avverte: "Non è una mossa di mercato intelligente perché nessuna persona è la propria malattia: “Non siamo diabetici, cardiopatici, ciechi o sordi. Siamo Paolo, Francesca, Luca e Ginevra. Siamo solari, lunatici, intelligenti, egoisti, affettuosi o stronzi. Affermare di voler integrare le persone che hanno una certa disabilità sottolineando in che cosa consiste la loro disabilità è – quindi – sicuramente un passo falso". "Le parole sono importanti e non saperle utilizzare distorce anche la più nobile delle intenzioni. Cara cooperativa la vostra idea mi piace: che ne dite di cambiare però il nome?" conclude il giovane.
A rispondere ci ha pensato Gianluca Rizzello della cooperativa bolognese, spiegando: "Il nome Baby Down è il nome scelto dall’azienda produttrice per il prodotto e noi ci siamo occupati solo della sua distribuzione e vendita. Al di là del nome, siamo orgogliosi di aver fatto questa scelta perché crediamo che l’integrazione debba usare tutti i canali a disposizione con l’obiettivo fondamentale di raggiungere un pubblico più ampio possibile". Per CoorDown, il coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Dow, "Anche un giocattolo come questo può rappresentare un utile strumento di sensibilizzazione, un modo per veicolare informazioni corrette sulla sindrome di Down e per costruire una reale cultura della diversità e dell’inclusione. Purché si evitino strumentalizzazioni e tutto questo non si trasformi in un’operazione commerciale fine a se stessa, senza una logica, senza contenuti e senza obiettivi".