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Stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula. L’avvocata: “Si rischia vittimizzazione secondaria”

Venerdì 24 maggio è iniziato davanti al Collegio della seconda sezione penale del Tribunale di Palermo il processo ai sei ragazzi maggiorenni (il settimo minorenne all’epoca dei fatti è già stato condannato) accusati di aver violentato, nel luglio 2023, una 19enne. L’avvocata della vittima: “La difesa chiede di portare la ragazza in aula, ma questa situazione potrebbe destabilizzarla in una maniera importante”:
A cura di Eleonora Panseri
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È iniziato venerdì 24 maggio innanzi al Collegio della seconda sezione penale del Tribunale di Palermo il processo ai sei ragazzi maggiorenni (il settimo minorenne all’epoca dei fatti è già stato condannato dal Tribunale per i Minori di Palermo a otto anni e otto mesi) accusati di aver violentato, nel luglio del 2023, una ragazza di 19 anni al Foro Italico.

Il mese scorso l'udienza era stata aperta e subito rinviata per consentire il cambio della composizione del collegio di giudici. Gli imputati nel corso dell'udienza preliminare avevano presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato, condizionando l’istanza a una serie di nuove attività, tra cui l’esame in aula della vittima. Richiesta che la Giudice dell'udienza preliminare di Palermo Cristina Lo Bue aveva respinto.

"Le ultime due udienze sono state pressoché sovrapponibili, ma davanti a giudici diversi", ha spiegato a Fanpage.it l'avvocata della ragazza, Carla Garofalo. "Venerdì ci siamo presentati davanti ai tre giudici del collegio del tribunale. In questa fase del processo, prima dell'apertura del dibattimento, come previsto dalle norme, i difensori hanno di nuovo riproposto la richiesta di applicazione del rito abbreviato condizionato, e le eccezioni sulla costituzione di parte civile del Comune di Palermo, eccezione già rigettata precedentemente dal Gup, che aveva infatti ammesso la costituzione di parte civile del Comune".

"Il Pubblico Ministero e noi rappresentanti delle parti civili ovviamente ci siamo opposti a tutte le richieste – spiega ancora la legale -, in particolare al richiamo della parte offesa, ritenendo la richiesta pretestuosa, stante che la ragazza ha già risposto esaurientemente sui fatti in varie circostanze processuali, e pericolosa, perché dopo un anno dagli accadimenti la stimolazione dei ricordi potrebbe creare una grave situazione di vittimizzazione secondaria, riconosciuta dalla Corte costituzionale e da molte sentenze della Cassazione".

Anche perché, come spiega ancora l'avvocata Garofalo, la ragazza, all'epoca dei fatti 19enne, ha tentato in questo anno di riprendere in mano la sua vita. "Abbiamo fatto in modo che si allontanasse da Palermo, ora ha iniziato a lavorare, è la sua prima esperienza. E questa situazione del ritorno in aula la potrebbe destabilizzare in una maniera importante. Ora la prossima udienza sarà il 10 giugno, quando sarà sciolta la riserva su queste richieste".

"I Giudici non hanno deciso venerdì perché, al contrario del gup, non hanno ancora le carte del processo, ed hanno richiesto al pubblico ministero di fornire quelle relative all'incidente probatorio e altre carte fondamentali, quindi le studieranno e decideranno se accettare questo abbreviato condizionato o se si andrà avanti con il processo con il rito ordinario", prosegue l'avvocata.

Come spiega Garofalo, la difesa aveva originariamente condizionato l'abbreviato al confronto della ragazza con alcuni loro testimoni: "Poi, pochi giorni prima dell'udienza davanti al gup, hanno tirato fuori una consulenza tecnica sul telefono della parte offesa, che farebbe emergere una chiamata ricevuta prima della violenza e un sms successivo, delle 2 di notte".

"L'insinuazione è quella che lei abbia telefonato durante la violenza, ma dall'incidente probatorio è già emerso che le era stato impedito di usare il telefono quando voleva chiedere aiuto al fidanzato – precisa Garofalo -. La chiamata sarebbe avvenuta prima della violenza e su Instagram, ma non si sa se qualcuno ha risposto o se è partita semplicemente per errore perché manca il contenuto. Non si sa nemmeno da chi è stata realmente fatta. E in ogni caso sarebbe prima dell'inizio della violenza".

Durante gli interrogatori la ragazza aveva detto di non aver usato il telefono durante la violenza. Secondo la difesa dei sei imputati, la chiamata dimostrerebbe che sarebbe stata bugiarda e che potrebbe aver mentito anche su altre cose. "Questo è il discorso. – conferma Garofalo – Ma è agli atti che la ragazza è svenuta tre volte e che uno degli imputati ha detto anche agli altri di non fare telefonate perché, ha sostenuto, ‘ci mandano i carabinieri'".

"Io in aula venerdì ho detto chiaramente che la loro difesa è sempre stata eccessivamente aggressiva. – conclude la legale – Mi sembra sia più orientata a mortificare e screditare la mia assistita, piuttosto che a ottenere risultati".

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