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Strage di Castel d’Azzano, il ricordo dei sopravvissuti: “C’era odore di gas, ma strumenti non davano valori alti”

I colleghi sopravvissuti all’esplosione di Castel d’Azzano hanno ricordato i tragici momenti prima della deflagrazione all’interno del casolare dei fratelli Ramponi. “Sentivamo odore di gas. Non so dove fossero i colleghi, ma sulle scale gli strumenti non davano valori alti”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Ero sulle scale, non so dove di preciso si trovassero i colleghi. Si sentiva odore di gas, ma gli strumenti non davano valori alti". A parlare è uno dei carabinieri sopravvissuti alla strage di Castel d'Azzano (Verona). Nell'esplosione sono morti i tre carabinieri Marco PiffariValerio Daprà e Davide Bernardello, dei quali ieri si sono tenuti i funerali di Stato. Il collega che ha ricordato gli attimi terribili prima della deflagrazione, come tanti altri, era nella Basilica di Santa Giustina per l'ultimo saluto nonostante le ferite.

La concentrazione fatale di gas che in quel momento i carabinieri intervenuti non avevano avvertito, era concentrata al piano di sopra del casolare di proprietà dei fratelli Ramponi. Qualche attimo dopo averne sentito l'odore su per le scale, è stata innescata l'esplosione.  "Marco Piffari era una persona speciale – ricorda una collega e amica -. Voleva sempre partecipare, era sempre entusiasta. Adesso lo abbiamo perso".

Un altro carabiniere si commuove mentre parla di Davide Bernardello, il più giovane dei militari deceduti. "Non amava stare in ufficio, voleva sempre essere operativo" ricorda. "Indossare una divisa per chi crede nelle istituzioni è tutto, vuol dire mettersi al servizio dei cittadini, ma soprattutto degli altri". Bernardello stava ultimando l'acquisto di una casa con la fidanzata, anche lei presente nella Basilica di Santa Giustina per l'ultimo saluto.

Come lei attendono l'ingresso dei feretri i sindaci, arrivati con la fascia tricolore per omaggiare i tre carabinieri deceduti. "Chi indossa una divisa prima di tutto cerca di impedire che le persone si facciano male" ha ricordato ancora una volta Giuseppe Armani, sindaco di Caprino Veronese, citando Pasolini.

E infatti, gli stessi carabinieri hanno soccorso proprio Maria Luisa Ramponi, oggi ricoverata in ospedale dopo l'esplosione ma non in fin di vita. La donna è accusata di aver innescato la deflagrazione progettata con i fratelli per evitare lo sgombero. "Io non conoscevo questi tre carabinieri – spiega invece tra la folla una donna -. Lavoro come badante, vivo qui da tanto tempo. Sono venuta a salutarli perché si sono sacrificati per noi cittadini, hanno avuto cura".

E quello che è emerso, infatti, è che l'azione dei fratelli Ramponi puntava a "uccidere quante più persone possibili". Per questo ai tre viene contestato proprio il reato di strage. La loro intenzione, secondo gli investigatori, sarebbe stata quella di arrecare quanto più danno possibile, anche al vicinato.

Il tempo di approfondire le indagini arriverà nei prossimi giorni, forse anche con l'uscita dall'ospedale di Maria Luisa Ramponi, ricoverata dopo l'esplosione ma non in pericolo di vita. Gli altri due fratelli, Dino e Franco, rimasti illesi perché fuori dal casolare al momento dell'esplosione, sono già in arresto. I funerali di Stato hanno segnato una parentesi all'interno della quale la collettività ha potuto piangere le vittime e i feriti. Ora però, bisognerà arrivare in fondo alla vicenda davanti alla legge.

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