Strage di Brandizzo, sfiorata la catastrofe: “Un solo bullone salvò le case vicine alla ferrovia”

La tragedia ferroviaria di Brandizzo, costata la vita a cinque operai nella notte tra il 30 e il 31 agosto 2023, avrebbe potuto trasformarsi in una catastrofe di proporzioni ancora maggiori. È quanto emerge dal verbale di interrogatorio di Giovanni Carrassi, manager Rfi e "specialista di cantieri", depositato negli atti dell'inchiesta della procura di Ivrea guidata da Gabriella Viglione.
Secondo la ricostruzione del tecnico ferroviario, il treno 14950 che viaggiava alla velocità massima consentita di 160 chilometri orari non è deragliato "solo perché l'arrivo improvviso del convoglio non ha consentito agli operai di svitare l'ultimo bullone presente su un attacco".
La rotaia trattenuta da un solo bullone
Carrassi ha spiegato agli inquirenti che "la rotaia era praticamente solo appoggiata alle traverse e tenuta in sede da questo unico attacco di vecchio tipo che gli operai stavano per rimuovere". Gli operai della Si.gi.fer, travolti dal convoglio regolarmente transitato con semaforo verde, avevano già svitato cinque dei sei bulloni necessari per completare l'intervento di manutenzione. "Un istante più tardi ed il treno sarebbe deragliato distruggendo il caseggiato vicino", ha dichiarato il manager Rfi durante l'interrogatorio. Le vittime stavano per rimuovere l'ultimo attacco "di tipo K" quando sono state investite dal treno in corsa.

Il rischio di una strage nelle palazzine
Le conseguenze di un eventuale deragliamento sarebbero state "ancora peggiori": il convoglio, uscendo dalla sede dei binari, avrebbe corso il "concreto rischio di andare ad impattare sul vicino caseggiato distruggendolo". I vagoni avrebbero potuto terminare la loro corsa nelle palazzine che sorgono a ridosso della stazione e dei binari.
Carrassi ha raccontato di essere tornato sul luogo dell'incidente alcuni giorni dopo i fatti: "Mi sono reso conto così che in quello spezzone da sei metri c'era una sola traversina vecchia e incavigliata". Visionando i fotogrammi precedenti l'impatto, il tecnico ha osservato: "Nel momento in cui sono stati investiti gli operai si accingevano a svitare proprio questa traversa. Francamente non so come sia stato possibile che il treno non sia deragliato e sia rimasto in asse. Se fosse andata diversamente avrebbe distrutto tutte le case attorno".
La conferma della polizia scientifica
La versione del manager Rfi trova riscontro nella relazione della polizia scientifica intervenuta quella notte sul teatro dell'incidente. Dai rilievi tecnici "si è evidenziato come la maggior parte delle caviglie fossero svitate e che il pezzo di rotaia di tagliare fosse praticamente solo appoggiato alle traverse".
Una fotografia agli atti certifica la ricostruzione, mostrando l'ultimo adattatore ancorato al bullone finale "probabilmente perché gli operai sono stati costretti a cambiarlo vista la diversa tipologia del dado ancora da svitare".
La tragedia che ha segnato la storia degli incidenti sul lavoro in Italia si è dunque consumata in un equilibrio precario: pochi secondi e un singolo bullone hanno fatto la differenza tra una tragedia già immane e una potenziale strage di dimensioni devastanti, per certi versi simile a quella di Viareggio del 2009.