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Emergenza lavoro

“Senza lavoro a 60 anni, mi sento da buttare. L’Italia? Non è un paese per vecchi, ma neanche per giovani”

Nel 2000 Mario, perito elettromeccanico, è arrivato in Italia dall’Argentina per aprire una ditta insieme al cugino. Il progetto non è mai partito, ma da allora ha sempre lavorato come dipendente. “L’ultimo impiego in un panificio, ma dopo una vita mi trovo senza lavoro a 60 anni. Non sono da buttare, ma nessuno mi chiama. L’Italia? Non è un Paese per vecchi, ma neppure per giovani”
A cura di Gabriella Mazzeo
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È arrivato in Italia dall'Argentina nel 2000 per costruire un'attività di famiglia con un cugino che già si trovava sul suolo italiano. Mario ha lavorato per lungo tempo in aziende di importanza internazionale in Argentina come perito elettromeccanico. Nel suo curriculum figurano anche nomi come Fiat e Renault.

"Quando sono arrivato in Italia volevo aprire un'attività con un cugino perito elettronico. Ho portato qui la mia famiglia, ma lui ha fatto un passo indietro. A quel punto mi sono rimboccato le maniche per costruirmi un futuro, arrangiandomi con il denaro che avevo da parte. Ho usato tutti i miei risparmi, poi per fortuna sono riuscito a trovare un lavoro da dipendente in una ditta".

Oggi Mario ha 60 anni e non ha più un impiego. Nei suoi anni in Italia ha lavorato prima come perito elettromeccanico, poi in una pizzeria e in un panificio. "L'ultimo impiego è stato in un panificio – ha raccontato a Fanpage.it – ma il lavoro non mi ha mai spaventato. Mi sono sempre rimboccato le maniche per guadagnare uno stipendio onesto, ma purtroppo non è bastato".

Il lavoratore è stato costretto a lasciare il panificio per il quale lavorava nei pressi di Ancona nel 2022 e da allora non è più riuscito a trovare un impiego. "Ho lavorato ogni giorno della mia vita, la fatica non mi spaventa eppure sono arrivato a 60 anni senza un impiego e continuo a presentarmi ai colloqui di lavoro più disparati. Purtroppo nessuno mi richiama, alla mia età mi sento da buttare".

"Quando sono arrivato in Italia era tutto diverso – ha continuato -. Ho avuto le mie difficoltà, ma alla fine ho trovato un buon lavoro come perito elettromeccanico in una ditta dove sono rimasto fino a circa il 2010. Dopo sono andato a lavorare con mia moglie che aveva un impiego in una pizzeria fino a quando non sono stato assunto in un panificio nei pressi di Ancona. Lì sono rimasto per tanti anni e anche se arrivavo da un altro settore, mi sono rimboccato le maniche e ho imparato il lavoro".

"Guadagnavo 1.500 euro al mese, anche se 500 li ricevevo in nero. Non mi lamentavo, perché avevo un contratto e il lavoro c'era: la situazione è peggiorata drasticamente con l'arrivo della pandemia e poi nel 2022, quando sono stato costretto a lasciare il mio impiego". L'uomo ha raccontato di aver contratto il Covid-19 proprio in quell'anno e di aver fatto un tampone in seguito a fortissimi dolori alla schiena. "È stata mia moglie a spingermi a fare dei controlli, io non avrei mai pensato che il mio tampone potesse essere positivo. Ho mostrato i risultati ai miei datori di lavoro e ho chiesto un periodo di malattia, ma loro si sono arrabbiati".

Secondo quanto raccontato dal 60enne, infatti, il risentimento dei titolari sarebbe nato per il carico di lavoro in aumento in prossimità delle festività natalizie. "Dovevamo impastare i panettoni, mi rimproveravano perché la mia malattia era arrivata in un momento in cui la domanda era molto più alta – ha spiegato -. Ci tengo a precisare che non era la prima volta che il personale doveva far fronte a queste situazioni: durante la pandemia costringevano i lavoratori a presentarsi sul luogo di lavoro anche se malati. Ci dicevano che avremmo dovuto fare un tampone rapido in laboratorio e che chi risultava positivo sarebbe stato smistato in un'altra stanza. Chiaramente era facile entrare in contatto con i positivi perché non vi erano vere e proprie misure per l'isolamento".

"Quando sono tornato a lavorare, una volta registrato un tampone negativo, sono diventato vittima di mobbing. Dovevo fare fronte a continui pretesti dei titolari per rimproverarmi e lettere di richiamo che alla fine mi hanno costretto ad andarmene. Avevo raccontato tutto a un avvocato e alla Guardia di Finanza, ma alla fine ho deciso di fare io un passo indietro: ogni giorno mi presentavo al lavoro con l'ansia e non era giusto".

"Oggi ho 60 anni e mi sento da buttare. Sono una persona attiva con un curriculum pieno di attività. Ho fatto tante cose e ho sempre lavorato onestamente, ma adesso mi ritrovo a casa senza fare nulla. Ho due figli che per fortuna oggi sono grandi, ma mi fa soffrire non poterli aiutare con le loro spese, con l'affitto o con il pagamento di una bolletta. Mia moglie lavora, ma io mi sento inutile: la aiuto in casa e nelle sue faccende, ma poi non ho altro scopo. Quello che mi premeva raccontare è la condizione di tanti lavoratori della mia età in Italia: se cerchi un impiego a 60 anni in questo Paese stai compiendo un'impresa titanica, le possibilità di successo sono praticamente nulle".

Il sogno di Mario sarebbe aprire una piccola cooperativa. "Mi piacerebbe molto, ma anche questo sembra un obiettivo irraggiungibile, così continuo a presentarmi a tutti i colloqui di lavoro sperando di essere richiamato. Tutti mi prospettano situazioni di sfruttamento in cui sai l'orario di inizio, ma mai quello di fine. Io mi mostro sempre disponibile, ma poi chiedo informazioni sullo stipendio e mi sento dire che gli straordinari non vengono corrisposti. ‘Per quelli puoi chiedere un permesso', mi rispondono. Non è giusto, non siamo schiavi e se lo faccio notare mi sento quasi in colpa, perché poi il messaggio che passa è che non vogliamo lavorare. Non è così, vogliamo solo condizioni oneste".

"Sono molto deluso, per me ma soprattutto per i giovani di questo Paese che vengono manganellati in piazza se esprimono un'idea – ha concluso -. Il sistema è sbagliato e l'Italia sta per andare incontro a tempi difficilissimi. Se hai 60 anni non puoi aspirare a un lavoro con condizioni oneste, se sei giovane devi arrenderti alla sopravvivenza. Che futuro può mai essere questo? A cosa possono aspirare i ragazzi che ricevono stipendi bassissimi con i quali devono far fronte al pagamento delle bollette e ad affitti esorbitanti? In questo momento l'Italia non mi sembra un Paese per vecchi e neppure per giovani"

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