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Raccolta pomodori: 30mila schiavi solo in Puglia (in nero e sotto caporale)

Sono 21mila i lavoratori stranieri che nella sola provincia di Foggia – dove si produce il 50% del fabbisogno nazionale di pomodori – verranno impiegati quest’anno. Per loro stipendi da fame, minacce e spesso neppure un letto per dormire.
A cura di Davide Falcioni
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Da dove provengono i pomodori che finiscono sulle nostre tavole? Moltissimi dalla Puglia, e sono il frutto del lavoro di decine di migliaia di schiavi. La parola è desueta, evoca un concetto che si credeva estinto nell'Italia del 2013, ma è l'unica che può descrivere la condizione dei lavoratori nella raccolta dei pomodori, che sono in Puglia – per Foggia Today – almeno 30mila, dei quali 21mila nella provincia di Foggia. Il numero esatto è difficile da quantificare perché non è mai stato possibile fare un censimento. E d'altro canto gli schiavi sono "invisibili" alle autorità locali, all'Inps e al Ministero del Lavoro. Provengono da Sierra Leone, Nigeria, Burkina Faso, Mali, Uganda, Romania, Bulgaria e Polonia e vivono nei ghetti, in edifici diroccati o direttamente sotto gli ulivi, spesso senza servizi igienici e solo con l'acqua non potabile di qualche vecchio pozzo.

"Sono 10 anni che si ripete questo fenomeno ogni anno, a cominciare dal mese di maggio e fino a novembre – spiega a Labitalia Giuseppe De Leonardis, segretario generale della Flai Cgil Puglia – una delle poche organizzazioni che, insieme a qualche associazione umanitaria, è presente nei campi e nelle baracche degli immigrati. I lavoratori arrivano a maggio per la raccolta delle fragole e si fermano per le ciliegie, per le angurie, i pomodori, l'uva da tavola e le olive. Vivono in condizioni disumane, sotto caporale che sequestra loro i documenti, praticamente in condizione di schiavitù e il lavoro è in mano alle organizzazioni criminali. Noi siamo lasciati soli, la Regione ha fatto quello che poteva ma occorre che intervenga lo Stato, attraverso la Finanza e l'Ispettorato del lavoro per combattere questa illegalità diffusa".

E' nel foggiano che la situazione è realmente drammatica: qui, infatti, si produce il 50% del totale dei pomodori nazionali: "Dei circa 21mila migranti che si trovano nella Capitanata – racconta il sindacalista – circa 7mila vivono nei ghetti come quello Rignano Scalo (dove si trovano quelli che provengono dal Burkina Faso e dall'Africa subsahariana), Borgo Libertà (ghanesi), Borgo Tressanti a Cerignola, (quasi tutti dalla Somalia e dal Corno d'Africa), Stornara e Macchia Rotonda (bulgari). Ma molti vivono direttamente nelle aziende, all'aperto, in tendopoli o in baracche. E ovviamente – conclude – quasi tutti lavorano in nero"

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