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Palmina Martinelli arsa viva a 14 anni perché non voleva prostituirsi, riaperto il caso

Il caso della 14enne di Fasano, in provincia di Brindisi, ancora aperto dopo 35 anni. Sarà la Procura di Bari a riesaminare tutte le carte in supplemento di indagine.
A cura di Antonio Palma
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Le indagini sull'atroce morte di Palmina Martinelli, la ragazzina di 14 anni bruciata viva l’11 novembre del 1981 a Fasano, in provincia di Brindisi, non saranno archiviate.  Lo ha deciso la prima sezione della Corte di Cassazione con una sentenza depositata il 30 marzo scorso con la quale annulla l'ordinanza del gip di Brindisi che il 28 aprile 2015 aveva disposto l'archiviazione dell'inchiesta. I giudici della suprema Corte infatti hanno ha accolto il ricorso della sorella maggiore della 14enne pugliese che in questi anni non si è mai arresa chiedendo di fare giustizia sul caso di Palmina Martinelli, morta dopo 22 giorni di agonia nel reparto di rianimazione del Policlinico di Bari tra indicibili sofferenze.

Prima di morire però la 14enne dal letto di ospedale riuscì a fare i nomi dei suoi aguzzini accusandoli di averla sequestrata e bruciata viva in casa perché lei aveva rifiutato di prostituirsi per loro. "Entrano Giovanni ed Enrico e mi fanno scrivere che mi ero litigata con mia cognata, mi chiudono in bagno, mi tappano gli occhi, mi mettono lo spirito e mi infiammano" riuscì a dire poco prima di morire. Durante il processo a loro carico però non sarebbe emerso con chiarezza il loro coinvolgimento e tutti gli imputati quindi sono stati assolti in via definitiva e fu ipotizzato il suicidio. La sorella di Palmina, Giacomina Martinelli, però, tramite i legali ha chiesto la riapertura dell'inchiesta forte di una perizia dell’anatomopatologo Vittorio Pesce Delfino consegnata al procuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli.

Secondo l'esame, svolto con recenti tecniche di analisi, "il volto di Palmina era protetto con entrambe le mani prima dello sviluppo della vampata e quindi dell’innesco dell’incendio", quindi "l’incendio fu provocato da altri". La Procura ha accettato le nuove prove avviando nuove indagini a cui però il Gip si è opposto chiedendo l'archiviazione. Ora la Cassazione però ha confermato l'impostazione della Procura disponendo la trasmissione degli atti al procuratore di Bari per la nuova inchiesta. Gli accusati dalla ragazza non possono più essere giudicati per lo stesso reato ma potranno esserlo, invece, eventuali complici.

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