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Emergenza lavoro

Operai sfruttati e presi a cinghiate, condannata titolare della pelletteria. Assolta la prestanome

Operai sfruttati e presi a cinghiate durante il turno di lavoro in fabbrica a Prato: condannata una delle titolari della pelletteria. Assolta invece la prestanome Gao Zhuqin, che per i giudici non ha commesso il fatto.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Accusati di aver preso a cinghiate un operaio e di aver sfruttato la manodopera per aumentare i profitti, pagando gli operai con stipendi da fame senza riconoscere loro ferie, permessi e riposi, costringendoli a lavorare con i macchinari privi di qualsiasi dispositivo per la sicurezza personale. Il processo si è chiuso ieri per due delle persone indagate, Yang Ziaoyan, titolare di fatto della Pelletteria Serena di Poggio a Caiano (Prato), e Gao Zhuqin, prestanome dell'azienda. Yang è stata condannata a un anno e dieci mesi per caporalato, mentre Gao è stata assolta per non aver commesso il fatto nonostante la richiesta della Procura di un anno e 8 mesi. Resta rinviato a giudizio il marito di Yang, Que Jinbao. 

Tra i maltrattamenti ai danni dei lavoratori, secondo la procura, anche una denuncia nei confronti di due operai per aggressione con lo scopo di licenziarli per giusta causa. Secondo la difesa, però, la donna sarebbe davvero stata aggredita dai due che contestavano una busta paga, come sostenuto anche da alcuni testimoni.

Nel processo si sono costituiti parte civile anche alcuni degli operai che avevano sporto denuncia contro i titolari e la Filcam Cgil, che aveva raccolto le testimonianze dei lavoratori sfruttati. Alle parti civili è stata riconosciuta una provvisionale di 3.000 euro ciascuno. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Guardia di Finanza, gli operai che lavoravano nella Pelletteria venivano picchiati sulle mani con bacchettate o cinghiate quando il lavoro non era eseguito a regola d'arte. I turni di lavoro sarebbero stati massacranti, dalle 12 alle 15 ore per sei giorni a settimana, mentre le paghe sarebbero rimaste da fame: 800 euro al mese senza ferie, malattie o giorni di riposo.

Nella fabbrica non vi erano neppure regole per la sicurezza sul lavoro: i macchinari erano sprovvisti di dispositivi per garantire l'incolumità degli operai e la ditta aveva chiuso e riaperto più volte nello stesso stabile cambiando nome e partita Iva per eludere i controlli (anche quelli del Fisco). Partendo da una denuncia, la Guardia di Finanza ha arrestato nel maggio del 2021 i coniugi titolari di fatto. Nei guai sono finiti anche la prestanome (assolta ieri) e i committenti italiani, due imprenditori fiorentini che lavoravano per una griffe di moda estera. Le posizioni dei due sono state archiviate durante le indagini.

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