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“Non l’ho partorito, è corso giù da una scala e ho sentito subito che era mio figlio”: l’adozione di Gabriele

Laura, 61enne genovese, racconta a Fanpage.it l’adozione internazionale di Gabriele. Nel 2008 lei e il marito Paolo sono diventati i suoi genitori: “Il nostro incontro è stato un’emozione unica. Il legame di sangue non vale più di quello che crei quando sei sempre presente per tuo figlio”.
A cura di Eleonora Panseri
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Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.
Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.

"All'adozione ci siamo arrivati perché io e mio marito Paolo ci siamo conosciuti quando avevamo superato i 30 anni. Ne avevo 34, lui 36. All'epoca non volevo figli perché avevo alle spalle un brutto rapporto con mio padre, cosa che mio marito ha accettato. Poi, stando con lui, questa cosa è cambiata e abbiamo pensato all'adozione".

Laura, 61enne genovese, inizia a raccontare così a Fanpage.it la storia della sua adozione internazionale. Nel 2008 lei e suo marito sono diventati genitori di Gabriele, un bimbo di origini eritree di 5 anni e mezzo. Oggi suo figlio ne ha 24, si è laureato l'estate scorsa e sta proseguendo il suo percorso di studi in Spagna.

La scelta dell'adozione di Laura e Paolo

"Quando sono arrivata alla consapevolezza che mio marito sarebbe stato un padre meraviglioso, avevo già 38 anni. – ci spiega ancora la mamma – Abbiamo provato ad avere un figlio ma non è arrivato. Non volevo sottopormi alla procreazione medicalmente assistita, quindi una sera ho proposto a mio marito di adottare".

Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.
Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.

Lei e il marito si sono informati e hanno quindi iniziato l'iter alla fine del 2006. "In quel momento per un'adozione nazionale c'era un'attesa di 6 anni, così abbiamo aderito a quella internazionale", ricorda. Laura sottolinea che il percorso è molto complesso, in entrambi i casi: è necessario fare tantissimi documenti, analisi del sangue, carichi pendenti.

Però Laura e Paolo in un anno sono riusciti a fare tutto: "I tempi sono lunghi ma dipende anche dalle persone, noi siamo riusciti a non lasciare tempi morti, se non quelli non dovuti da noi. Alcune cose, tra l'altro, ce le hanno chieste più volte in pochi mesi. Da un lato siamo stati anche fortunati perché abbiamo avuto un'assistente sociale che ci ha seguito molto bene".

Il viaggio verso l'Etiopia: i 20 giorni ad Adis Abeba

Finito l'iter, la mamma e il papà di Gabriele hanno atteso diversi mesi prima che il tribunale esaminasse la loro domanda e riconoscesse l'idoneità all'adozione.

"Così ci siamo messi alla ricerca dell'associazione a cui affidarci per l'adozione internazionale e ne abbiamo trovata una qui in Liguria, a Chiavari, che al tempo lavorava con Russia, Polonia, Colombia ed Etiopia".

Laura ricorda che inizialmente si era aperta una finestra per l'adozione di un bimbo in Russia, il Paese però in quel periodo aveva bloccato le adozioni: "Ci era saltato tutto. Ma già a settembre del 2007 ci avevano richiamato dicendo che c'era un bimbo etiope di 5 anni e mezzo. Noi abbiamo detto subito di sì".

Laura e Gabriele.
Laura e Gabriele.

Nel 2008 è arrivato l'okay del tribunale e il giorno successivo Laura e Paolo hanno dato mandato all'associazione. "Non abbiamo perso tempo nemmeno in quel caso (ride, ndr)". A quel punto è iniziato l'iter burocratico con l'Etiopia.

"Mio figlio, Gabriele, era ad Addis Abeba. Siamo riusciti a partire a maggio 2008 per l'Etiopia, dove saremmo dovuti rimanere 20 giorni. Avevamo avuto già qualche contatto con lui, gli avevamo scritto lettere e mandato foto, per dargli un'idea di chi fossimo, e anche noi ne avevamo ricevute".

"Ci sono stati momenti difficili"

Venti giorni sembrano tantissimi ma sono stati loro molto utili, ci spiega Laura. "Sono serviti per conoscerci. Gabriele era stato abbandonato, era cresciuto in questa casa famiglia dell'associazione a cui ci eravamo affidati. Ricordo che ci aspettava, chiedeva sempre: ‘Quando arrivano?'".

In quei giorni Laura, Paolo e Gabriele hanno costruito un rapporto di fiducia nel suo ambiente, dove si sentiva più tranquillo: "È stato importante perché si sentiva ancora "a casa", si dedicava così di più alla nostra conoscenza. Anche se non posso negare che ci sono stati momenti difficili, anche qui in Italia", spiega la mamma.

"Gabriele aveva tanta voglia di partire, voleva mettere un punto alla vecchia vita e iniziare quella nuova con noi. Avevamo fatto un foglio su cui facevamo la conte dei giorni che mancavano alla partenza", aggiunge.

L'incontro tra Gabriele e i suoi genitori

A Laura chiediamo di raccontarci l'incontro con suo figlio. "Quando lo ricordo, è come se l'avessi vissuto il giorno prima. – dice – Ci vennero a prendere all'aeroporto e ci portarono in questa casa. I bambini che avevano l'appuntamento per un incontro erano al piano di sopra".

Gabriele e sua mamma Laura.
Gabriele e sua mamma Laura.

"Quando siamo entrati ci hanno chiesto se volevamo da bere o da mangiare, ma avevamo lo stomaco chiuso. Gabri lo avevamo visto solo in foto. – ricorda ancora la mamma – Lui non è riuscito più a resistere, non ha aspettato che gli dicessero di scendere. È corso giù dalle scale, io mi sono accucciata e lui si è seduto sulle mie ginocchia".

"In quel momento, ti assicuro, ho sentito che quello era mio figlio e che se qualcuno gli avesse torto un capello, avrei potuto reagire tanto male. Non l'avevo partorito, era sceso da una scala, ma era il mio bambino. È stata un'emozione unica".

L'arrivo e la vita in Italia, tra gioie e difficoltà

Quando i tre sono rientrati in Italia "è stato comunque uno shock", spiega ancora Laura. "Mio figlio sapeva che c'eravamo solo noi e il resto era tutto sconosciuto. Ci sono stati momenti complicati perché all'inizio non riuscivamo a capirci sempre bene, aveva gli incubi. Si è dovuto abituare in pochi mesi a un mondo tutto nuovo e a settembre doveva cominciare la scuola".

"Ha ricominciato da zero, con la prima elementare, è stata una scelta vincente. Gabriele poi è sempre andato benissimo, si è laureato quest'estate. È un ragazzo molto intelligente e ha una grande memoria. Ora studia in Spagna, fa la magistrale", ci racconta la mamma.

Non sono mancati, purtroppo, episodi di razzismo. Anche se Laura, che fa parte di Mamme per la Pelle, associazione che si batte per combattere questo tipo di fenomeno e per promuovere una cultura dell'inclusione, dice che a Genova ne sono accaduti davvero pochi.

Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.
Laura insieme a suo figlio Gabriele e al marito Paolo.

"Mio figlio è rimasto ferito in quelle occasioni in cui ai suoi amici chiedevano la carta d'identità e a lui il permesso di soggiorno. Quando è capitato, rispondeva: ‘Ma io sono italiano‘. Io gli ho spiegato che non si doveva arrabbiare, ma non è stato facile", racconta.

A Verona invece è successo un brutto episodio. Mentre la famiglia stava girando per la città un ausiliare del traffico ha indicato una strada dicendo: "Andate per di lì, così arrivate in Africa".

"Ci siamo arrabbiati, abbiamo scritto all'assessore e ci sono arrivate le scuse che per mio figlio sono state molto importanti. Il problema purtroppo nel nostro Paese esiste", spiega.

Laura conclude la nostra intervista con un pensiero sulla genitorialità. "Io da figlia biologica, con un padre che non è stato minimamente presente, posso dire che il legame "di sangue" non vale più di quello che crei quando di un bambino o una bambina te ne occupi".

"Quando sei presente nei momenti di gioia, di dolore, di difficoltà dei tuoi figli. I genitori, per mia esperienza, prima da figlia e poi da madre, sono quelli che ci sono sempre".

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