Neonati sepolti a Parma, la mamma ai domiciliari ma col braccialetto elettronico: “Rischi dall’ambiente esterno”

Il Tribunale della Libertà di Bologna conferma nelle sue motivazioni gli arresti domiciliari per Chiara, la 22enne accusata di aver ucciso e sepolto i cadaveri dei due figli neonati nel giardino di casa.
La misura era stata decisa lo scorso maggio, e oggi i giudici tornano a pronunciarsi dopo l'appello presentato dalla Procura, aggiungendo il braccialetto elettronico per le uscite da casa, allo scopo di monitorare le autorizzazioni di cui la giovane usufruisce per recarsi negli studi medici ed evitare la reiterazione dei reati.
Domiciliari per la mamma che ha sepolto i figli: le motivazioni
Il contesto familiare e ambientale di Chiara è ritenuto profondamente mutato rispetto a quello originario in cui sarebbero maturati i reati, e questi mutamenti si prestano ad una "valutazione calmierata" delle esigenze cautelari legate al pericolo che possa commetterli nuovamente. Gli arresti domiciliari nella casa del piccolo Comune di Traversetolo, in provincia di Parma, sono quindi considerati pienamente rispondenti a soddisfare le esigenze cautelari. Chiara si trova lì da settembre 2024, nella stessa abitazione dove avrebbe occultato i corpi dei suoi bambini.
Ma se il contesto familiare può essere effettivamente un deterrente, altrettanto non può dirsi per l'ambiente esterno. Il pericolo di reiterazione sarebbe più acuto in corrispondenza delle uscite autorizzate negli studi medici, "in ragione delle notevolissime capacità decettive di cui ha dato prova nel corso di questa triste vicenda", scrivono i giudici. Secondo il Tribunale, la 22enne potrebbe approfittare delle autorizzazioni per avere contatti con altre persone e questi contatti potrebbero portare a nuove gravidanze indesiderate, e quindi alla possibile commissione di altri reati analoghi a quelli di cui è già accusata.
Lo scorso giugno, dopo l'appello della Procura relativo all'adeguatezza delle misure, il Tribunale ha deciso quindi di aggiungere l'applicazione del braccialetto elettronico. Questo strumento, si legge nelle motivazioni, consentirebbe di monitorare le autorizzazioni di cui la giovane usufruisce nell'ambito del percorso di recupero.
I giudici confermano: "Nessuna infermità mentale"
Inoltre, il Tribunale conferma che, alla luce degli atti a disposizione, non ci sono elementi per parlare di un'infermità mentale e non c'è motivo di dubitare della capacità di intendere e di volere della giovane. Questo anche se la consulenza tecnica della difesa richiamava un disturbo riconducibile al diniego di gravidanza, che tuttavia non è riconosciuto dalla comunità scientifica come malattia mentale. Sulla capacità di intendere e di volere dell'imputata, è al momento ancora in corso una perizia disposta dalla Corte d'Assise.