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Morte Hashi Omar Hassan, Don Luca Favarin: “Si era rifatto una vita ma aveva abbassato la guardia”

Don Luca Favarin aveva ospitato Hashi Omar Hassan negli ultimi mesi di semilibertà in Italia. A Fanpage.it racconta i timori sul ritorno in Somalia ma anche la nuova vita grazie al risarcimento.
A cura di Antonio Musella
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Gli ultimi mesi di semilibertà Hashi Omar Hassan li aveva trascorsi in una struttura gestita da Don Luca Favarin in Veneto, in provincia di Padova. Era ritornato in Somalia solo recentemente, e proprio a Mogadiscio è stato ucciso da un'autobomba. Ospite di Don Luca aveva atteso il processo finale di Perugia che lo aveva definitivamente scagionato da ogni accusa in merito alla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

E proprio in quella struttura gestita da Don Luca lo avevamo incontrato prima della sentenza, quando ci rilasciò un'intervista in cui spiegava che la Somalia per lui era un posto pericoloso e che il faccendiere Ahmed Washington avrebbe potuto ucciderlo. Al termine del processo aveva ricevuto dallo Stato italiano un risarcimento di 3 milioni di euro e con quei soldi si era rifatto una vita dopo quasi 20 anni passati ingiustamente in carcere. Don Luca lo aveva seguito costantemente, fino agli ultimi mesi in cui aveva ripreso a recarsi in Somalia dopo tanto tempo.

Hashi Omar Hassan
Hashi Omar Hassan

Don Luca, Hashi Omar Hassan si aspettava di morire?
In questi lunghi anni di questa tristissima vicenda, lui aveva sempre detto che il carcere in Italia gli aveva salvato la vita, perché se fosse rimasto in Somalia sarebbe morto. Era consapevole di cos'è oggi la Somalia e della violenza dei terroristi di Shababa, e anche dei tanti nemici che avrebbe potuto avere nel suo paese. Chiunque a Padova abbia avuto a che fare con il mondo del carcere lo ricorda come un uomo buono, gentilissimo. Forse anche un po' ingenuo.

Era riuscito a rifarsi una vita?
Con la chiusura della vicenda del processo Alpi, aveva ricevuto un risarcimento molto sostanzioso e con quello si era rifatto una vita in Olanda. Si era sposato e aveva avuto due bambine, due gemelle. Era felicissimo quando ci sentivamo al telefono, aveva finalmente ripreso a vivere. Ma in questi anni lui continuava a essere molto diffidente rispetto al governo del suo paese. Aveva fatto delle dichiarazioni molto pesanti sui precedenti governi somali. Poi tutto è cambiato recentemente, l'attuale presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, è imparentato con la sua famiglia, e questo forse lo aveva fatto sentire più sicuro, aveva abbassato la guardia evidentemente.

Che idea si è fatto sulla sua morte?
Io credo che lui sulla vicenda Alpi non sapesse assolutamente nulla, era stato messo in mezzo e questo gli è costato 20 anni di carcere da innocente. Non so se dopo tanto tempo avesse senso zittirlo, mentre so per certo che comunque lui ha considerato per anni la Somalia un posto non sicuro.

A noi confessò che Ahmed Washington era pronto per ucciderlo, aveva ancora paura del faccendiere di Mogadiscio?
Sì, lui ha sempre avuto una visione molto chiara e netta. Aveva paura di Washington ed era estremamente diffidente rispetto alla possibilità di tornare in Somalia con questi personaggi ancora in giro. Ogni volta che lo sentivo, almeno fino al 2019, mi diceva che non era ancora tempo di tornare in Somalia. Non so cosa gli abbia fatto cambiare idea da questo punto di vista, perché era molto categorico su questo aspetto.

Di cosa si occupava adesso Hashi?
Grazie al risarcimento aveva aperto delle attività in Olanda, ma stava mettendo in piedi un'attività di import – export con la Somalia. Da marzo 2019 aveva iniziato a viaggiare ogni tanto ritornando a Mogadiscio. Piano piano deve essersi sentito un po' più sicuro. Credo che sia stato vittima anche di ingenuità, perché sui suoi social ogni tanto esternava un certo benessere, e annunciò anche pubblicamente il suo ritorno in Somalia. Un comportamento strano visto l'enorme diffidenza che aveva fino a qualche tempo prima. E ai terroristi islamici di Shabab questo non deve essere sfuggito.

Cosa intende esattamente?
Io credo che le milizie islamiche, dalle notizie che ho io, siano molto concrete e magari miravano proprio ai suoi soldi. Se così fosse saremmo davanti al paradosso di un uomo accusato ingiustamente di terrorismo per quasi 20 anni, ed ucciso proprio dai terroristi. Una vicenda davvero paradossale, un'ironia tragica.

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