
La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.
In queste settimane abbiamo raccontato molte storie che arrivano dal settore della ristorazione, da chi parla di turni lunghissimi e salari bassi a irregolarità nei contratti e chi lamenta una assenza di tutela tale da averlo spinto a lasciare l'Italia. La lettera che pubblichiamo oggi è quella di una chef che – ci racconta – era solo una ragazzina quando ha iniziato a lavorare nei ristoranti e che ora, all'età di 50 anni, ha la consapevolezza di quello che definisce "un inferno". "Quando sento i ristoratori italiani lamentarsi perché non trovano personale, credetemi, mi nasce dentro solo rabbia: perché non dicono la verità", ci scrive. E ancora: "Dopo trenta anni di questa "vita" posso solo dire che non consiglierei MAI a mia figlia o a nessun ragazzo di entrare in questo settore, e se proprio volessero allora che vadano all'estero: perché all'estero le paghe sono degne, gli orari sono umani e gli straordinari vengono riconosciuti. La ristorazione italiana? Una schiavitù sottopagata dalla quale spero di scappare al più presto".
La lettera a Fanpage.it
Ho iniziato a lavorare nelle cucine che ero una ragazzina, adesso ho 50 anni e quando sento i "ristoratori" italiani lamentarsi perché non trovano personale, credetemi, mi nasce dentro solo rabbia: perché non dicono la verità! La verità è quella che noi cuochi portiamo dentro, dopo una vita fatta di rinunce a causa di orari di lavoro contraddistinti da doppi turni disumani (pranzo e cena), da giornate di lavoro interminabili: una vita NON vita a cui ci siamo dovuti abituare inseguendo il sogno di diventare Chef e, magari, di avere stipendi migliori. Ma il sogno è rimasto sogno e la realtà ci ha tolto tutto. Si lamentano che oggi non trovano cuochi o camerieri, ma una mano sulla coscienza non se la sono mai messa e continuano a non farlo. In Italia il mondo della cucina è un inferno. Sì cari signori, un inferno.
Sai quando entri e non sai quando esci, se tutto va bene riesci a farti le tue 12 ore di lavoro al giorno. Se in una cucina servono 5 addetti (cuoco, aiuto cuochi) per mandarla avanti, per esempio, state certi che con 3 bisogna barcamenarsela. Prendere o lasciare. E allora si risolve con turni lavorativi da 12 ore, perché in Italia funziona cosi… Non è vero che i giovani non vogliono più lavorare nella ristorazione: i giovani di oggi hanno solo più amor proprio di quanto ne abbiamo avuto noi. Per noi intendo quelli della mia generazione. Perché dovrebbero accettare uno stipendio da 1200 euro al mese per dodici ore al giorno di lavoro?! Fanno bene a rifiutare. Perché dovrebbero accettare di rinunciare alla propria vita personale per intraprendere un mestiere che li sfrutta?! I giovani di oggi hanno capito che lavorare è importante ma che anche vivere lo è: e un lavoro che ti costringe a turni massacranti non ti permette di vivere, di stare in famiglia, di avere tempo per te stesso.
Questa è la ristorazione in Italia…senza considerare le ore di straordinario non pagate: perché gli straordinari pagati nella ristorazione sono un miraggio, rarissimi i ristoratori onesti che li pagano… Però piangono, si lamentano, aumentano i prezzi… Tutto sulla nostra pelle. Dopo trenta anni di questa "vita" posso solo dire che non consiglierei MAI a mia figlia o a nessun ragazzo di entrare in questo settore, e se proprio volessero allora che vadano all'estero: perché all'estero le paghe sono degne, gli orari sono umani e gli straordinari vengono riconosciuti. La ristorazione italiana? Una schiavitù sottopagata dalla quale spero di scappare al più presto!