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Italiano in Islanda: “Insegno all’università, ma mi negano la cittadinanza perché non ho certificazioni di lingua”

Dal 2014 il ricercatore italiano Roberto Luigi Pagani vive in Islanda e insegna all’università. Nonostante ciò, la sua richiesta di cittadinanza è stata respinta per mancanza di certificazioni linguistiche ufficiali. Ora dovrà sostenere un esame di livello inferiore al suo: “È paradossale, non è bastata la lettera del preside di facoltà”
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Roberto Luigi Pagani
Roberto Luigi Pagani

Roberto Luigi Pagani è un ricercatore italiano che dal 2014 vive in Islanda dove insegna islandese medievale all'università. Insegna agli islandesi nella loro lingua da anni, ma la sua domanda per la cittadinanza è stata respinta perché carente dal punto di vista delle certificazioni linguistiche. Una vicenda surreale che il ricercatore racconta in prima persona a Fanpage.it: "Per attestare le mie conoscenze di lingua islandese pensavo bastasse la lettera del preside di facoltà con cui lavoro, invece ora dovrò prendere la certificazione attraverso una scuola che certifica un livello più basso del mio".

La testimonianza: "Ero tranquillo perché lavoro all'università"

Gli impedimenti e i cavilli burocratici non sono una prerogativa solo italiana. Lo sa bene Roberto Luigi Pagani, conosciuto in rete grazie alla pagina "Un italiano in Islanda", che si è visto respingere la richiesta di cittadinanza perché non ha prodotto sufficienti prove delle sue capacità linguistiche. Il paradosso è che l'uomo oltre a fare lezioni all'università è anche parte del consiglio della Camera di commercio islandese-italiana, dove tutti gli altri membri sono islandesi e tutte le riunioni si svolgono in lingua islandese.

"Il mio livello di islandese è comprovato dal fatto che insegno islandese all'università – racconta – Alla richiesta ho quindi allegato la lettera del professore, e preside di facoltà, che certifica le mie competenze, ma non è bastato. Adesso dovrò pagare per fare un esame di lingua in una scuola convenzionata che certifica un livello più basso del mio".

Per ottenere la cittadinanza islandese, tra i vari criteri, c'è anche quello linguistico, tuttavia non sono definite le modalità attraverso cui deve essere certificata questa competenza e infatti nella maggior parte dei casi si tratta di una mera formalità. Per essere sicuri di passare, però, molti aspiranti cittadini islandesi si appoggiano a una scuola convenzionata che organizza un test due volte l'anno, e per farlo pagano diverse centinaia di euro. Altri ancora, invece, chiedono ai datori di lavoro di scrivere una lettera da allegare alla domanda. Quest'ultima è stata la strada scelta da Pagani: "Ero tranquillo perché so di persone che non hanno avuto problemi anche se hanno presentato una lettera scritta dall'insegnante dell'asilo dei figli. È tutto molto fumoso, alla fine la decisione è affidata alla persona che ha in mano il fascicolo", commenta.

"Passa il test anche chi non ha competenze di base"

Adesso che la sua richiesta è stata respinta ha 15 giorni per integrare la documentazione che attesti la sua conoscenza dell'islandese: "Integrerò con lettere di tutor dell'università, e del rettore, ma rischio comunque di dover pagare per fare il test nella scuola convenzionata, il problema è che si tiene solo due volte l'anno, e la prossima è a novembre. In questo caso sarei costretto a rifare la domanda da capo".

L'esame stesso, però, non è garanzia di vera conoscenza della lingua: "Per superare questo esame basta memorizzare qualche frase di base, e molti islandesi lamentano la facilità con cui è possibile superarlo, senza conoscere davvero la lingua, anche per persone che non hanno vere competenze".

"La mia storia qui è diventata un caso nazionale – racconta Pagani – Non sono l'unico straniero ad avere un livello di islandese superiore rispetto a quello dell'esame richiesto nella scuola convenzionata,  ora spero che si rendano conto di quando sia paradossale questa situazione".

"Non sono arrabbiato, come cittadino europeo ho avuto tutti i diritti di un islandese, tranne la possibilità di votare alle elezioni, ma non rischio di essere espatriato. Per me si tratta di un riconoscimento simbolico che attesti il mio essere parte di questa società", conclude.

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