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Covid 19

“In Lombardia più morti di coronavirus perché l’aria è più inquinata”: cosa dice la nuova ricerca

Il ricercatore italiano Antonio Frontera dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, primo autore del lavoro scientifico pubblicato su Journal of Infection, a Fanpage.it: “C’è una correlazione sull’alta percentuale di decessi per Covid-19 e il persistere di elevati livelli PM 2.5 in Pianura Padana che, per le caratteristiche del suo territorio, crea le condizioni per una maggiore diffusione del Sars-Cov2”.
Intervista al Dott. Antonio Frontera
Cardiologo e Ricercatore dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
A cura di Valeria Aiello
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Esiste una correlazione tra i gravi focolai di Covid-19 e l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana. È quanto emerge da un lavoro scientifico pubblicato su Journal of Infection da un gruppo di ricercatori per metà italiano che ha voluto fare luce sulla possibilità che specifici fattori ambientali possano aver contribuito in maniera attiva all’incidenza del contagio nelle zone in cui si registrano i numeri più alti di quest’epidemia. Alcuni studi condotti in Cina hanno già collegato una maggiore diffusione dei virus dell’influenza e di altri agenti virali alle città dove l’inquinamento è più alto ma, nel nostro Paese, il coronavirus ha colpito principalmente determinati centri urbani che non sono gli unici in Italia ad aver registrato sforamenti giornalieri dei limiti di polveri sottili (PM 2,5) e, nello specifico, di biossido di azoto (NO2). Perché? Lo abbiamo chiesto direttamente al dott. Antonio Frontera, ricercatore dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e primo autore della ricerca sulla correlazione tra il perdurare dell’inquinamento atmosferico e le zone con più alto numero di contagi.

Allora Dottore, cosa è emerso dal lavoro?

Con la nostra research letter puntiamo il dito contro i pollulant, cioè verso alcuni inquinanti industriali, in particolare il biossido di azoto, in quelle aree principalmente colpite dal Covid-19. Un più alto livello di inquinamento atmosferico giocherebbe infatti un ruolo determinante nella diffusione dell’infezione e, sospettiamo, anche nell’aumento della mortalità in alcune regioni, come ad esempio in Lombardia e nelle Marche. Sulla base anche dei pochi studi disponibili in letteratura scientifica, che sono essenzialmente due ed entrambi cinesi, il nostro lavoro è in accordo con quanto già osservato in Cina e con i dati di un recente articolo di una ricercatrice italiana che lavora all’Università di Harvard che, anche se ancora in formato pre-print, per cui deve essere ancora validato scientificamente, supporterebbe l’ipotesi che il virus Sars-Cov-2 che dà la patologia Covid-19 possa essere peggiorato dalla diffusione dell’inquinamento.

Perché l’epidemia si è concentrata in Lombardia e in particolare nella Pianura Padana? Eppure l’aria è inquinata anche in altre zone d’Italia

Questo è dovuto al fatto, come scriviamo nella research letter, che nella Pianura Padana vi è una sorta di cappa in quanto, essendo circondata da tutto l’arco alpino e dall’appennino ligure, si forma una specie di conca, e questo impedisce il recircolo corretto di aria. E proprio per questo che abbiamo coinvolto l’Università di Bordeaux, dove c’è un climatologo italiano, il dott. Giovanni Sgubin, che ha fatto notare alcuni studi di climatologia. Senza entrare nel dettaglio, ha messo in risalto alcuni aspetti che sapevamo già dagli Anni ’70, cioè che nella Pianura Padana l’aria ristagna e c’è un fenomeno chiamato fenomeno dell’inversione termica. Diciamo che la localizzazione di alcuni siti industriali, soprattutto nelle aree di Bergamo e Brescia, non è stata un’idea intelligente. Voglio dire, semplicemente, che non è il miglior posto dove collocare l’industria.

Come è nata la sua ricerca? Lei è innanzitutto un cardiologo e ricercatore dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano?

In realtà, diciamo che è nato tutto dal fatto che ho personalmente notato questa correlazione dopo che in Lombardia si è verificato il primo focolaio, a Codogno, che poi si è esteso a Cremona, Bergamo e Brescia, e mi è bastato Google per sapere quali sono le città italiane con i più alti livelli di inquinamento, a partire da Lodi, Monza, Cremona, Brescia, Bergamo e via dicendo. C’era una corrispondenza tra i focolai e le città più inquinate d’Italia e così ho approfondito una ricerca sulla letteratura scientifica, trovando in Cina, dove il problema del PM 2,5 è massivo, un’importante produzione di articoli scientifici sulla relazione tra inquinamento e diffusione di virus. Questa è una cosa già nota, non relativa al Sars-Cov-2, ma in Cina è molto più evidente questa diffusione nelle aree metropolitane dove il particolato è più elevato. Da qui sono andato avanti, chiedendo delle elaborazioni da parte di un gruppo della NASA relative alle immagini satellitari dei livelli di biossido di azoto registrati negli ultimi mesi in Cina e nell’Hubei, dove appunto si è inizialmente diffuso il Sars-Cov-2, e le ho confrontate con quelle europee e italiane.

Figura A e B: scoppio dell’epidemia di Covid-19 in Cina rispetto alla concentrazione di particolato (PM 2.5). Figura C: distribuzione italiana di casi COVID-19. Figure D e E: livelli di NO2 (mese di dicembre) in Cina e Nord Italia / Fonte: NASA Giovanni. Figura F: mappa dell’inquinamento di biossido di azoto dal satellite Copernicus SENTINEL 5P (da gennaio ad aprile 2019) / ESA.
Figura A e B: scoppio dell’epidemia di Covid-19 in Cina rispetto alla concentrazione di particolato (PM 2.5). Figura C: distribuzione italiana di casi COVID-19. Figure D e E: livelli di NO2 (mese di dicembre) in Cina e Nord Italia / Fonte: NASA Giovanni. Figura F: mappa dell’inquinamento di biossido di azoto dal satellite Copernicus SENTINEL 5P (da gennaio ad aprile 2019) / ESA.

E sono stato sorpreso dal fatto che, in Europa, le uniche aree dove si raggiungono concentrazioni di particolato e biossido di azoto simili a quelle registrate nei mesi scorsi in Cina siano la Pianura Padana e l’intera regione del Belgio e dell’Olanda. Guarda caso dove oggi, al momento, si registra la più alta mortalità. Nella Pianura Padana, in particolare, per le caratteristiche orografiche del territorio, si creano una serie di eventi atmosferici, tra cui il fenomeno dell’inversione termica che permette questo ristagno dell’aria. A Sud dell’Olanda, nelle Fiandre per capirci, e anche in Belgio, ci sono invece delle depressioni del territorio sotto il livello del mare, per cui si forma una cappa dovuta al fatto che sono una conca vera e propria. Ed è in queste zone che vi è un accumulo maggiore di PM 2,5, ma soprattutto di biossido di azoto.

A cosa possiamo quindi attribuire i più alti tassi di mortalità in queste regioni?

Noi imputiamo la maggior mortalità soprattutto a questo effetto combinato di inquinamento atmosferico espresso in termini di PM 2,5 e caratteristiche del territorio che, insieme al clima, creano le condizioni atmosferiche per una maggior diffusione del virus. A Taranto, ad esempio, come a Napoli e Siracusa, dove ci sono alcuni importanti siti industriali del Sud Italia, non c’è stata una grande diffusione del virus nonostante si evidenzino valori di particolato molto importanti su base oraria. Qui c’è un maggior recircolo d’aria, nel senso che i fumi vengono dispersi nelle regioni limitrofe e molto anche nel mare. In Pianura Padana, invece, non è così, perché non c’è vento e non piove frequentemente. Soprattutto negli ultimi due mesi, i millimetri di pioggia sono stati pochi. Questi sono stati certamente degli elementi fortuiti, ma hanno creato una condizione perfetta per un maggior ristagno di aria, per cui il particolato si sospende maggiormente nell’atmosfera. Ed esistono evidenze scientifiche per cui il particolato può trasportare particelle virali.

Se mi chiede se questo è responsabile della malattia, non posso dirglielo, anche perché parliamo di una carica virale molto bassa, per cui non credo che questo possa infettare così tante persone, ma nel caso di un soggetto con un’alta carica virale, potrebbe addirittura infettare una persona che è a 5 o 6 metri di distanza. E questo potrebbe magari spiegare l’elevata diffusione del virus in alcune regioni, come la Lombardia. Ma si tratta di dati preliminari che devono essere ancora validati da un punto di vista scientifico.

E se fosse invece l’esposizione ad alti livelli di inquinanti atmosferici ad accelerare alcuni cambiamenti nei tessuti e predisporre alla malattia Covid-19?

Questa tesi è sulla stessa strada che stiamo studiando qui al San Raffaele. È vero che chi è esposto cronicamente al PM 2,5 sviluppa delle condizioni che possono poi favorire l’aumento dell’incidenza di alcuni virus respiratori. E questo perché si crea un substrato favorevole, forse favorendo il link tra il virus e i recettori, e facilitando una maggiore infezione. Ma questo aspetto è oggetto di studio, non solo qui al San Raffaele ma in tutto il mondo, e ci stiamo lavorando.

Nel frattempo abbiamo già sottomesso un secondo manoscritto che è under review, quindi deve essere ancora validato dalla comunità scientifica, per cui non posso ancora darle i risultati, ma al momento ci sono chiare indicazioni riguardo una forte correlazione tra biossido di azoto, PM 2,5 e la diffusione della mortalità per infezione da Sars-Cov-2.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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