Impronte e capelli, torna l’ipotesi alternativa su Garlasco: “L’assassino di Chiara Poggi non si lavò le mani”

Si sta mettendo tutto in discussione su quanto emerso in 18 anni sul delitto di Garlasco. Dopo quella sentenza in via definitiva dei giudici della Corte d'Appello bis che hanno condannato Alberto Stasi a 16 anni di carcere gli avvocati difensori hanno provato a smontare punto per punto le accuse servendosi di propri consulenti. Oggi – che il caso è stato riaperto dalla Procura di Pavia che ha iscritto (per la terza volta) nel registro degli indagati Andrea Sempio – riemergono tutti i dubbi sollevati dalla difesa di Stasi subito dopo la sentenza e dai carabinieri che ritornarono a indagare sul delitto cinque anni fa.
A cominciare dal fatto che il killer di Chiara Poggi non si sarebbe lavato le mani nel lavandino della villetta di Garlasco. Eppure proprio la sentenza su Alberto Stasi – confermata in Cassazione – si concentrava sulle impronte del condannato trovate sul dispenser del sapone che per i giudici l'aggressore sicuramente utilizzò "per lavarsi le mani dopo il delitto". Non solo: gli accertamenti sul contenitore dimostrarono che venne maneggiato bene e venne lavato accuratamente. L'aggressore infine avrebbe lavato il lavandino. E su quel dispenser c'erano le impronte di Alberto Stasi.
Gli investigatori cinque anni fa cercarono di aprire il caso: precisarono che sul dispenser ci sarebbe stato anche un "frammento papillare" denso "di informazione dattiloscopica". Avevano spiegato che le due impronte di Stasi erano "parzialmente sovrapposte ad altre impronte" e c'erano almeno altri sette "contatti papillari". Non è chiaro se eventuali accertamenti su questo rientreranno nell'incidente probatorio ma certo è che queste impronte sono conservate su para-adesivi oggetto delle verifiche dei prossimi periti super partes.
Tutti i dubbi sul dispenser e sul lavandino di casa Poggi
Perché gli investigatori del tempo misero in dubbio che il killer si fosse ripulito nel bagno di casa Poggi? Perché su quel contenitore ci sarebbe anche il dna di Chiara e della madre: per questo cinque anni fa sostennero che il dispenser non venne ripulito. E ancora: una fotografia scattata nei primi sopralluoghi mostrava la presenza di 4 capelli "neri lunghi" vicino allo scarico del lavandino e che non vennero mai repertati. Per questo si sollevò la tesi che "il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue" perché se no quei capelli sarebbero stati "portati via dall'acqua". Tutto ciò che la difesa di Stasi ha ripetuto negli anni. Su questa ricostruzione alternativa indagano ancora oggi i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e la Procura di Pavia.
I prossimi accertamenti della Procura di Pavia sul delitto di Garlasco
A questo passaggio si aggiungerebbe anche l'impronta catalogata come 10 all'ingresso dell'abitazione mai associata a qualcuno e che quindi – secondo tesi alternative da quelle accertati dai giudici – potrebbe essere stata lasciata dall'assassino al momento della fuga. Tutto dovrà essere eventualmente verificato.
Intanto la Procura di Pavia potrebbe a breve disporre nuove consulenze su alcune delle impronte trovate nella villetta dell'omicidio, come l'impronta della suola "Frau" e quelle sul "tappetino" del bagno. Sull'impronta era stata depositata nel 2024 una consulenza della difesa di Alberto Stasi, che diceva come non fosse possibile stimare il numero di scarpe che hanno lasciato la traccia: dagli accertamenti sarebbe infatti solo possibile – secondo la difesa – dimostrare il modello. Da qui l'ipotesi che la Procura di Pavia potrà decidere per altre consulenze.