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“Il lavoro nella ristorazione all’estero non è come lo raccontano. In Italia? Serve più aiuto dallo Stato”

“All’estero per gli chef la situazione non è così bella come raccontano”. A Fanpage.it parla Fabio Riccardo, imprenditore toscano di 44 anni e ristoratore che ci ha contattati per una replica dopo aver letto l’intervista allo chef Marinelli, tornato di recente in Italia. E sugli stipendi bassi spiega: “Un dipendente che prende 1600 euro con tasse e contributi a noi costa molto di più. Lo Stato dovrebbe venirci incontro”.
A cura di Eleonora Panseri
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Immagine di repertorio.
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"Ci sono persone che lavorano bene, danno lavoro a tanti e non mi piace questa descrizione dell'Italia fatta da chi va all'estero e poi ritorna. In realtà, all'estero per gli chef la situazione non è così bella come raccontano. Noi abbiamo 70 dipendenti, tanti hanno fatto la stagione nei resort e lì sì che si lavora 13-14 ore".

A parlare è Fabio Riccardo, imprenditore toscano di 44 anni e titolare di una catena di ristoranti che ci ha contattati per una replica dopo aver letto l'intervista di Fanpage.it allo chef Marco Marinelli, tornato di recente in Italia dopo aver lavorato tanti anni all'estero.

"Non metto in dubbio che esistano realtà brutte ma siamo un po' stanchi che gli imprenditori italiani vengano descritti solo così. Un dipendente che prende 1600 euro, quando si vanno a pagare i contributi, le tasse, a noi costa molto di più. Non siamo noi che paghiamo poco, ma sono tanti i soldi che vanno allo Stato", spiega.

"Preferirei darne di più ai miei ragazzi ma non possiamo sostituirci allo Stato. Quindi, l'unica cosa che possiamo fare è togliere soldi dalle nostre tasche per alzare gli stipendi, così però diventa impossibile portare avanti un'attività".

"Non dico che la mia azienda sia perfetta ma non siamo tutti dei farabutti. Abbiamo le spese, le tasse da pagare, la vita che costa sempre di più. Ora stiamo cercando di aprire un nuovo locale e stiamo trovando anche tante difficoltà con la burocrazia", racconta ancora Riccardo.

In più, come aveva scritto un altro lettore a Fanpage.it, che per tanti anni ha lavorato nel settore della ristorazione, "le scuole alberghiere, che una volta erano fucine di mestiere e carattere, oggi sembrano aver perso la forza di formare".

"I ragazzi spesso escono dagli istituti e non sanno fare nulla, non sanno nemmeno tenere in mano una padella. – conferma Riccardo – Ed è vero che l'apprendistato costa meno ma la formazione ‘costa' sotto altri aspetti. Una persona deve essere seguita perché c'è anche il rischio che si possa fare male".

"Il mondo al di fuori è completamente diverso da quello che vivono a scuola. Noi lavoriamo d'estate, i sabati e le domeniche. Gli altri sono al mare e noi lavoriamo. Per tanti aspetti la nostra è una scelta di vita", prosegue.

E aggiunge: "Penso che molti ragazzi non abbiano più "fame". Noi facciamo formazione con l'apprendistato e molti, dopo aver imparato, per 100 euro in più se ne vanno. Ci sono persone che rinunciano a un contratto a tempo indeterminato perché hanno litigato con il collega, ledendo non solo la stabilità propria ma anche quella del locale", aggiunge.

"Con i nostri dipendenti si è creato un clima di famiglia, molti lavorano con noi da 10 anni. Ma in tanti contesti il problema è riuscire a trovare questa stabilità. È difficile trovare persone con l'attaccamento al lavoro e consapevoli della responsabilità di quel lavoro".

Il 44enne, tornando sul tema degli stipendi, riconosce il fatto che ci sia un problema "più ampio, legato a tutti i settori. Lo sfruttamento non ci dovrebbe essere e andrebbe completamente riformato il mondo del lavoro. – precisa – Gli imprenditori danno lavoro alle persone e bisognerebbe che lo Stato ci venisse incontro per permetterci di dare di più ai dipendenti".

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