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“I carabinieri torturarono Dimitri Alberti”: Italia condannata dalla corte di Strasburgo

La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che proibisce il ricorso alla tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante.
A cura di Davide Falcioni
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La Corte Europea di Strasburgo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che proibisce il ricorso alla tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante: oggetto della sentenza la storia di Dimitri Alberti, uomo che subì violenze nel 2010 a Cerea, in provincia di Verona. Le violenze sarebbero state inferte dai Carabinieri. I giudici europei hanno sostenuto che le fratture alle costole e le lesioni ai testicoli non fossero compatibili con il normale uso della forza. Inoltre non vi sarebbe stata un’inchiesta giudiziaria effettiva. Il signor Alberti potrà ora avere un risarcimento di complessivi 19 mila euro. “La decisione della Corte Europea – dichiara Patrizio Gonnella, dell'associazione Antigone – questa volta riguarda direttamente un caso di dure violenze. Dopo questa sentenza, dopo le parole del Papa ci auguriamo che subito, senza tentennamenti che sarebbero colpevoli, si arrivi alla introduzione per legge del delitto di tortura nel codice penale. Inoltre chiediamo che le massime cariche istituzionali si esprimano a riguardo e diano segnali forti e inequivocabili contro gli abusi, la tortura e ogni forma di violenza pubblica".

Chi è Dimitri Alberti, l'uomo pestato dai carabinieri dopo un arresto

Ma cosa accadde a Dimitri Alberti? L'uomo, allora 38enne, venne fermato dai carabinieri  l’11 marzo 2010 davanti al Cafè Tif­fany, un bar di Cerea in pro­vin­cia di Verona. Qualche ora dopo arrivò in carcere: aveva due costole rotte e un importante ematoma al testicolo sinistro. Militari raccontarono che si era prodotto da solo quelle lesioni ma Alberti, in un'aula del Tribunale di Verona, denunciò di essere stato malmenato mentre era già ammanettato, accusato di resistenza a pubblico ufficiale. La Procura di Verona archiviò la denuncia senza alcu approfondimento. La Corte Europea dei Diritti Umani sostiene che non venne condotta nessuna inchiesta effettiva per accertare la verità: ovvero che Alberti non si procurò da solo quelle lesioni, che furono invece opera dei carabinieri. Oggi Dimitri Alberti ha 41 anni ed è ricoverato in stato neurovegetativo da agosto 2012 al Centro Riabilitativo Veronese di Marzana, dopo un'ischemia giunta in seguito ad un attacco epilettico che lo ha colto mentre era detenuto al carcere di Vicenza.

Dimitri Alberti pestato anche in cella? Aperta un'inchiesta

Su quel malore è stata aperta un'inchiesta: un detenuto nigeriano, infatti, ha rivelato che la notte prima dell'attacco Alberti subì un pestaggio da parte degli agenti di polizia penitenziaria: questa denuncia, raccolta dalla segretaria dei Radicali Rita Bernardini, è al vaglio della procura di Vicenza, che sta conducendo un'inchiesta su numerosi casi di violenze a danno dei detenuti vicentini.

Amnesty e Antigone: "Il Parlamento inserisca il reato di tortura"

Oggi, intanto, le associazioni Antigone, Amnesty International e Cittadinanza Attiva hanno rivolto un appello ai presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato affinché venga introdotto, entro il 2014, il reato di tortura nel codice penale italiano. Le tre organizzazioni, sostenute da altre venti associazioni, hannop ricordato che sono trascorsi 30 anni dall'adozione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti". "Tra gli obblighi, numerosi e impegnativi, di prevenzione e repressione della tortura previsti dalla Convenzione, ve n'è uno particolarmente importante: si tratta dell’obbligo di assicurare che tutti gli atti di tortura, così come definiti nella Convenzione stessa, siano previsti come reato nell'ordinamento giuridico dello Stato parte. È ormai generalmente accolta l'interpretazione in base alla quale è necessario, ai fini dell’adempimento di tale obbligo, che sia previsto nell’ordinamento interno degli Stati parti un reato specifico di tortura. La previsione di una fattispecie nella quale la tortura sia chiamata con il suo nome e definita in maniera autonoma è, infatti, l'unico modo per realizzare lo scopo complessivo della Convenzione di porre fine alla diffusa sottovalutazione della gravità del fenomeno e di assicurare un’azione di contrasto seria ed efficace", hanno scritto le associazioni.

Morti sospette e violenze: da Uva a Cucchi, da Perna a Ferrulli, da Cella Zero ad Aldrovandi

Dopo il caso di Federico Aldrovandi, dopo lo scandalo di Cella Zero, la morte "sospetta" di Giuseppe Uva, lo stato in cui venne ridotto Stefano Cucchi, il decesso di Federico Perna e la recentissima morte di Michele Ferrulli dopo un fermo di polizia alcune tra le più importanti organizzazioni per i diritti umani sollecitano il nostro paese a mettere la parola fine ai maltrattamenti nei confronti di uomoni sotto custodia dello Stato. Ora c'è da sperare che il Parlamento inserisca al più presto il reato di tortura nel codice penale.

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