“Hanno rapito una bambina, aiutateci a trovarla”, ma è l’ennesima truffa online

"‘Non sappiamo cosa fare'. I genitori di Giulia sono disperati, la loro vita è un inferno. La loro figlia è stata rapita". Recita così il testo di un articolo comparso online nei giorni scorsi, una delle tante fake news ideate con l'intento di truffare i lettori più ingenui e meno avvezzi a smascherare gli inganni che circolano in rete. Il presunto titolo di giornale è diventato ben presto virale circolando sui social e soprattutto di chat in chat in particolar modo a Pesaro e in provincia, dove in Questura sono pervenute diverse segnalazioni.
Non c'era assolutamente niente di vero, si trattava infatti di un tentativo di phishing. La frode informatica è stata escogitata da malintenzionati che, attraverso un falso articolo di stampa, hanno inscenato il rapimento di una bimba di nome Giulia, chiedendo agli utenti di visionare un video per identificare i rapinatori. "Oggi sono emersi nuovi filmati diffusi dalla polizia. Proviene dal negozio dove il rapinatore si è fermato, è l'unico filmato in cui si vede almeno una parte del volto. Insieme ai genitori vi chiediamo di guardare il video, forse potrete riconoscere il rapinatore e aiutare a ritrovare la loro amata figlia", recitava il testo della bufala.
I lettori venivano invitati a cliccare su un link appositamente creato dai criminali informatici per conoscere account e password dell’ignara vittima. In realtà non esisteva nessun video, e soprattutto nessuna bambina era stata rapinata: coloro che sono caduti nella trappola hanno ceduto i propri dati ai truffatori e oltre a subire il furto di informazioni sensibili rischiano di ritrovarsi l'account Facebook hacherato. Molte le segnalazione giunte in Questura. L'articolo è stato successivamente.
Cos'è il pishing
Il pishing è una truffa realizzata online attraverso l’inganno degli utenti. Si concretizza principalmente attraverso messaggi di posta elettronica ingannevoli. Tramite una e-mail, solo all'apparenza proveniente da istituti finanziari (banche o società emittenti di carte di credito) o da siti web che richiedono l'accesso previa registrazione (web-mail, e-commerce ecc.), si invita a fornire i propri riservati dati di accesso al servizio. Solitamente nel messaggio, per rassicurare falsamente l'utente, è indicato un collegamento (link) che rimanda solo apparentemente al sito web dell'istituto di credito o del servizio a cui si è registrati. In realtà il sito a cui ci si collega è stato artatamente allestito identico a quello originale. Qualora l'utente inserisca i propri dati riservati, questi saranno nella disponibilità dei criminali.