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Omicidio a Gemona

“Gesto mostruoso, ma necessario”: le lettere inviate dal carcere dalla mamma di Alessandro Venier

“Gesto mostruoso, ma necessario”. Così Lorena Venier ha definito l’omicidio del figlio Alessandro in quattro lettere di scuse inviate a parenti e colleghi dal carcere femminile del Coroneo, a Trieste. La 61enne è attualmente sottoposta a terapia farmacologica e sotto continua sorveglianza per evitare che compia gesti autolesionistici. Proseguono le indagini sul delitto.
A cura di Eleonora Panseri
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"Gesto mostruoso, ma necessario". Lorena Venier ha definito così l'omicidio del figlio Alessandro in quattro lettere di scuse inviate a parenti e colleghi dal carcere femminile del Coroneo, a Trieste.

La 61enne è attualmente sottoposta a terapia farmacologica e sotto continua sorveglianza per evitare che compia gesti autolesionistici, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Gazzettino.

"La signora è in una condizione psicologica comprensibilmente grave, aggravata dalla consapevolezza della portata del gesto. Non è in isolamento, ma è costantemente seguita dagli operatori carcerari con un protocollo che prevede il supporto psicologico e farmacologico", ha confermato l'avvocato Giovanni De Nardo parlando con il quotidiano.

Oggi, venerdì 8 agosto 2025, gli investigatori dovrebbero tornare all'interno dell'abitazione a Gemona del Friuli, dove lo scorso 31 luglio è stato rinvenuto il corpo del 35enne, per effettuare ulteriori rilievi e accertamenti disposti dalla Procura.

Alessandro Venier è stato ucciso e fatto a pezzi dalla madre Lorena e dalla compagna Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni. E sono state sempre le due donne a chiamare le forze dell'ordine e a far ritrovare il corpo dell'uomo, nascosto in una rimessa all'interno di un bidone poi ricoperto di calce viva per accelerare la decomposizione.

La chiamata al 112 sarebbe stata fatta dalla 30enne in un momento di fragilità. Se non ci fosse stato, le donne avrebbero continuato a fingere raccontando a tutti che Alessandro si era trasferito definitivamente in Colombia dopo averlo ucciso, secondo quanto emerso dalle indagini.

Le due donne hanno ammesso le proprie responsabilità e la dinamica dell'omicidio è stata ricostruita da Lorena Venier in un lungo interrogatorio da cui sono emersi particolari scioccanti.

"Mi sono occupata da sola del ‘depezzamento' di Alessandro: ho utilizzato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue e l'ho sezionato in tre pezzi: non ci sono stati schizzi, per questo i Carabinieri hanno trovato tutto in ordine", ha raccontato agli inquirenti la 61enne.

"Una volta che Mailyn lo ha strangolato con i lacci delle scarpe, perché a mani nude non eravamo riuscite a soffocarlo, l'ho posizionato su un lenzuolo e lì ho separato alcune parti per permettere il trasporto nel garage, dove c'era il bidone nel quale il corpo doveva decomporsi", ha spiegato ancora.

"Mi sono occupata personalmente di questa cosa, Mailyn è intervenuta soltanto per spostare le tre parti nell'autorimessa. – ha aggiunto – Una volta inseriti i resti nel barile, lei ha anche usato la calce viva per coprirli. Sarebbero dovuti restare lì fino a quando, consumati, potevo trasportarli in montagna, per disperderli nel bosco, come dal desiderio che aveva sempre confidato a tutti".

Secondo quanto raccontato sempre dalla madre, l’uomo voleva trasferirsi in Colombia con la compagna e la figlia piccola il giorno dopo l’omicidio. Sembra infatti che sul 35enne pendesse una condanna per lesioni personali gravi e la fuga gli avrebbe evitato il carcere.

Ci sarebbero stati in passato episodi di violenza sulla compagna, come ha raccontato la madre della vittima: "O agivamo subito oppure all’estero, senza di me, l’avrebbe finita. La vita di Mailyn era in pericolo".

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