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Omicidio Giulia Cecchettin

Filippo Turetta, la Procura fa appello contro la sentenza e chiede aggravanti di crudeltà e stalking

Dopo le numerose polemiche seguite alle motivazioni della condanna per Filippo Turetta, i pm veneziani hanno deciso di impugnare la sentenza e fare ricorso in appello chiedendo le aggravanti di crudeltà e stalking per l’omicidio di Giulia Cecchettin.
A cura di Antonio Palma
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La Procura di Venezia ha deciso di fare appello contro la sentenza di condanna di Filippo Turetta, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di Giulia Cecchettin, e ha chiesto per l'imputato le aggravanti di crudeltà e stalking, non concesse dai giudici della Corte d’Assise di Venezia nel dicembre scorso.

Come era ampiamente prevedibile dopo le numerose polemiche seguite alle motivazioni della sentenza, dunque, i pm veneziani hanno deciso di impugnare la sentenza nonostante abbiano ottenuto il massimo della pena. Contro la sentenza invece al momento non è stata presentata nessuna istanza da parte dei legali di Turetta che stanno ancora valutando come muoversi. Avranno tempo fino al 27 maggio quando scadono i termini per presentare appello.

Gino Cecchettin: "Lo stalking era indiscutibile"

L'accusa già nel processo dello scorso anno aveva fatto le stesse richieste contro Turetta sostenendo che non ci sarebbe dubbio sul fatto che le 75 pugnalate a Giulia Cecchettin e un'aggressione durata oltre 20 minuti siano da ritenersi una crudeltà. Allo stesso modo, per i pm, anche le migliaia di messaggi alla vittima  e i comportamenti del giovane dopo che lei lo aveva lasciato sono configurabili come atti persecutori.

Sulla stessa linea anche la parte civile rappresentata dai familiari di Giulia Cechettin. "Il pm ha fatto un ottimo lavoro, e agli inquirenti va tutta la mia gratitudine. C’erano entrambe le aggravanti. E lo stalking era indiscutibile. Se non lo è con centinaia di messaggi al giorno e 75 coltellate, allora non so davvero cosa serva per configurarlo" aveva affermato ad esempio Gino Cecchettin dopo la sentenza.

Per i giudici le 75 coltellate di Turetta non sono segno di crudeltà

Secondo i giudici di primo grado, però, non è emersa la volontà specifica di Turetta di infliggere sofferenze gratuite a Giulia Cecchettin. “Non si tratta di sminuire la gravità dell’azione ma di rispettare parametri oggettivi e consolidati” avevano spiegato ricordando che il numero di coltellate da solo non può stabilire la crudeltà del gesto anche perché furono coltellate d'istinto.  L’atto violento di Turetta, per la Corte veneziana, non è stato mosso da un intento di tortura o sadismo.

Per i giudici manca "la prova che l'aver prolungato l'angoscia della vittima sia atto fine a sé stesso, frutto della deliberata volontà dell'imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita". Dalle indagini "emergono colpi ravvicinati" e quindi "tale dinamica, certamente efferata", si ritiene non "sia stata dettata, in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell'imputato" hanno scritto ancora i giudici, stabilendo dunque che anche i punti delle ferite causate dalle coltellate "appaiono frutto di azione concitata, legata all'urgenza di portare a termine l'omicidio".

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