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Famiglia che vive nel bosco

Famiglia nel bosco, oggi l’udienza in Corte d’Appello: cosa dicono le relazioni presentate ai giudici

La Corte d’Appello dell’Aquila potrebbe decidere entro oggi sul reclamo dei genitori Trevallion per il ricongiungimento con i tre figli. Al vaglio la relazione dei servizi sociali e quella dei legali della famiglia.
A cura di Davide Falcioni
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Potrebbe essere oggi il giorno decisivo per la vicenda della "famiglia nel bosco". La Corte d’Appello dell’Aquila è chiamata a pronunciarsi sul reclamo presentato dai legali di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham contro la sospensione della responsabilità genitoriale disposta dal tribunale per i minorenni. In caso di accoglimento, i tre figli della coppia potrebbero rientrare subito a casa. La decisione arriverà dopo l’esame delle relazioni delle tutrici e della documentazione depositata dalla difesa, che confida di aver superato le criticità evidenziate in primo grado.

La relazione dei legali della famiglia

Il reclamo si articola in sei punti. Al centro ci sono le condizioni abitative, l’esposizione mediatica dei bambini – contestata dopo l’intervista rilasciata al programma Le Iene – e la presunta violazione del diritto all’assistenza linguistica dei minori. "I documenti che abbiamo prodotto smontano a nostro avviso tutte le criticità", sostiene l’avvocata Danila Solinas. Sul tema della casa, la difesa richiama la disponibilità di un’abitazione già messa a disposizione da un ex ristoratore, dove vive Nathan, e l’offerta del sindaco di Palmoli per una soluzione alternativa in attesa della ristrutturazione del casolare di proprietà della famiglia.

Un altro nodo riguarda i vaccini. Anche su questo punto, secondo i legali, non ci sarebbero più ostacoli: i richiami, rinviati per una terapia antibiotica, sarebbero stati accettati dai genitori. Resta invece centrale la questione dell’istruzione. La tutrice dei minori ha riferito di un forte ritardo scolastico, affermando che la figlia maggiore, di nove anni, non saprebbe leggere né scrivere. La difesa replica citando gli attestati di idoneità rilasciati dopo i primi due anni di istruzione parentale: documenti, definiti ufficiali e ministeriali, che attestano il superamento dell’esame per l’accesso alla terza elementare.

La relazione dei servizi sociali

Parallelamente, sul tavolo dei giudici c’è la relazione dell’assistente sociale che segue i bambini, depositata il primo dicembre e ora valutata anche dalla Corte d’Appello. Il documento ricostruisce quanto avvenuto dopo l’allontanamento dalla casa nel bosco e difende l’operato dei servizi. L’assistente sociale sottolinea di lavorare "da circa vent’anni" nel rispetto della centralità della persona e chiarisce che "non è in discussione la scelta di vita delle persone, bensì la tutela del diritto all’infanzia".

La relazione ripercorre i tentativi di contatto con la famiglia, avvenuti attraverso mediatori, legali, interpreti e carabinieri, e respinge le accuse di incomprensioni linguistiche: "Per quanto appena esposto, sono da escludere incomprensioni o cattive interpretazioni da attribuirsi a un deficitario utilizzo della lingua italiana". Quanto alla scuola, il documento ridimensiona il valore degli atti prodotti dalla difesa, definendoli una comunicazione formale sull’istruzione parentale e sull’esito positivo di un esame di idoneità.

Ampio spazio è dedicato all’ingresso dei bambini nella casa famiglia di Vasto. L’allontanamento, secondo i servizi, sarebbe avvenuto senza traumi e con l’obiettivo di proteggerli dall’assedio mediatico. I primi giorni sono descritti come un susseguirsi di scoperte: dalla luce elettrica all’acqua corrente, fino agli oggetti di uso quotidiano. L’igiene personale viene definita inizialmente "scarsa e insufficiente" e l’adattamento alle nuove routine non immediato. Nei rapporti con gli altri minori emergono imbarazzo e diffidenza, soprattutto nei confronti che mettono in evidenza lacune nelle esperienze condivise e nelle competenze scolastiche.

Sul piano dell’apprendimento, la relazione afferma che la primogenita si troverebbe ancora in una fase alfabetica di base. Nonostante questo, il documento registra progressi: i bambini avrebbero accettato le attività proposte, mostrando entusiasmo e gratitudine per le attenzioni ricevute. Dopo circa una settimana, viene rilevata "una generale reazione positiva", con una maggiore apertura agli ambienti e alle relazioni.

Anche il rapporto con la madre è stato osservato: Catherine, che può incontrare i figli solo in determinati momenti, sarebbe apparsa via via più collaborativa, con una relazione affettuosa riconosciuta dagli operatori. Ora la parola passa alla Corte d’Appello, chiamata a decidere se confermare o revocare l’allontanamento e consentire il ricongiungimento della famiglia.

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