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“Dilapida tutto per l’amante”, l’ex moglie chiede un tutore per lui e la Cassazione le dà ragione

Secondo la donna, quelle spese lo avrebbero portato a dilapidare il patrimonio accumulato negli anni e di conseguenze a non poter più pagare l’assegno previsto per lei. L’uomo, benestante, in effetti pare che in poco tempo avesse speso circa 500mila euro.
A cura di Antonio Palma
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"Sta dilapidando tutto il patrimonio per l'amante", con questa motivazione una donna ha fatto ricorso al Tribunale di Ferrara per mettere un freno alle spese dell'ex marito e, dopo una tortuoso iter giudiziario, la Corte di Cassazione ora le ha dato ragione assegnano un tutore legale all'uomo. La vicenda vede protagonisti due ex consorti ferraresi che, dopo una separazione consensuale e senza litigi che prevedeva che lui pagasse un assegno di mantenimento per la ex, sono finiti in tribunale quando la donna ha scoperto che lui stava facendo spesse folli per la nuova fidanzata.

Secondo la donna, infatti, quelle spese lo avrebbero portato a dilapidare il patrimonio accumulato negli anni e di conseguenze a non poter più pagare l'assegno previsto per lei. L'uomo, benestante, in effetti pare che in poco tempo avesse speso circa 500mila euro ricavati dalla vendita di un milione di euro di fondi agricoli.

Un comportamento che aveva spinto i giudici di primo grado ad accogliere l’istanza della ex moglie e a nominare un amministratore di sostegno. L'uomo però aveva fatto ricorso alla Corte d’Appello di Bologna che aveva ribaltato la sentenza del Giudice Tutelare del tribunale. L'uomo aveva sostenuto che era suo pieno diritto disporre di quei soldi come voleva e il Tribunale gli aveva dato ragione, constatando che non è affetto da patologie psichiche. La donna però è ricorsa in Cassazione ottenendo infine quanto richiesto.

La Suprema Corte infatti ha dato l'ok ad un tutore legale, dichiarando che anche se "una persona è libera di disporre del proprio patrimonio, anche in misura larga e ampia, assottigliando ciò di cui legittimamente dispone, non può però ridursi nelle condizioni in cui, non solo non sia più in grado di assicurare i doveri di solidarietà già posti a suo carico (l'aiuto all'ex coniuge), ma finanche quelli in favore della propria persona, altrimenti costretta a far ricorso agli strumenti di aiuto pubblico da richiedersi a dispetto delle proprie capacità di vita dignitosa".

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