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News sull'omicidio del 19enne Mahmoud a Genova

Decapitato dai datori a Genova, lo strano audio della vittima: “Devo vendicarmi, sai cosa ha fatto”

Gli inquirenti stanno cercando di decifrare uno strano messaggio che Mahmoud Abdalla aveva inviato al suo nuovo datore di lavoro appena 24 ore prima che fosse ucciso e fatto a pezzi dai suoi ex datori. “Voglio vendicarmi di Tito, lo sai cos’ha fatto” diceva il 19enne.
A cura di Antonio Palma
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Se gli inquirenti hanno ormai raccolto prove schiaccianti a carico dei suoi datori di lavoro, restano ancora molti dubbi sul movente dietro allefferato delitto di Mahmoud Abdalla, il giovane barbiere egiziano ucciso, decapitato e smembrato a Genova nel luglio scorso. Le indagini inizialmente si sono concentrate sui rapporti di lavoro all’interno della barberia di Sestri Ponente e le prime conclusioni hanno portato gli inquirenti a ricondurre il tutto a questioni economiche. L’efferatezza del gesto e alcune conversazioni recuperare dai telefoni di amici e conoscenti del 19enne, però, non hanno escluso che il delitto sia maturato per altri e ben più gravi motivi.

In particolare gli inquirenti stanno cercando di decifrare uno strano messaggio che il ragazzo aveva inviato al suo nuovo datore di lavoro appena 24 ore prima del delitto. Come rivela il Secolo XIX, si tratta di un messaggio audio su WhatsApp in cui Mahmoud fa riferimento ai problemi nella precedente barberia e con quelli che poi si sono rivelati i suoi aguzzini: Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, 26enne conosciuto come ‘Bob', e Mohamed Ali Abdelghani, 27enne conosciuto come ‘Tito'.

“Voglio vendicarmi di Tito, lo sai cos’ha fatto” diceva Mahmoud Abdalla al suo nuovo datore come emerso dall’analisi dei telefoni. Ma di cosa voleva vendicarsi? “Mahmoud voleva vendicarsi perché lo sfruttavamo e pagavano poco” ha riferito l’uomo. Il barbiere a sua volta però era stato contattato dai gestori della ex barberia del 19enne per convincerlo a non dargli un nuovo lavoro, per non mettersi nei guai, e aveva ricevuto una telefonata dal contenuto minaccioso anche da parte del titolare.

Elementi che agli inquirenti fanno sospettare che ci sia dell’altro ad aver fatto scattare la reazione così terribile negli assassini. Il 19enne del resto era assunto regolarmente anche se pare con una paga molto inferiore alle ore effettive di impiego e con arretrati non corrisposti. Lo aveva detto lui stesso ai militari della Guardia di Finanza durante i controlli sul lavoro nero del giugno scorso.

Un altro punto ancora da chiarire è il dialogo tra il proprietario della barberia, che era in Egitto, e uno degli assassini che la gestivano. “Sei stato tu… cos’hai combinato?” chiede il proprietario a Tito pochi giorni dopo il delitto che risponde: “Non volevo, è stato durante una lite… e il coltello non era mio”. Per capire meglio i contorni del terribile vicenda si stanno esaminando anche i cellulari dei colleghi della vittima per decifrare vari messaggi in arabo dai quali potrebbero emergere indizi sul movente.

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